La Mongolia, sulla base di spinte politiche nazionaliste e conservatrici, ha rivisto la legge sugli investimenti stranieri, incrementando notevolmente il controllo e la proprietà su qualsiasi società che operi soprattutto nell’area mineraria, che in proiezione rappresenta oltre un terzo del GDP (PIL, prodotto interno lordo) del paese.

I giacimenti scoperti avevano proiettato quello che era il paese più povero dell’Asia, in una fantastica crescita stimata tra il 12% e il 18% annuo per un quinquennio: inutile ricordare, come raffronto, che l’Italia ha un GDP negativo. Questa ricchezza può trasformare un paese, facendogli fare in 10 anni un salto che normalmente necessita di generazioni.

Cruciale nel boom minerario è stato l’accordo col gigante  anglo-australiano RioTinto per lo sviluppo congiunto (34% Governo della  Mongolia, 66% RioTinto) del colossale giacimento nel deserto dei Gobi (Oyu Tolgoy, La Collina Turchese). Ho avuto la fortuna professionale di andarci, visitando anche, prima fosse spazzato via dall’espansione, il posto dove, su suggerimento di un monaco buddista, i tecnici hanno effettuato l’ultimo carotaggio dell’esplorazione fino allora negativa, scoprendo invece copper e oro in grandi quantità.

Cavalcando il tema del nazionalismo, prima c’è stata una forte richiesta di rinegoziare il contratto con gli Australiani, poi la sospensione degli investimenti congiunti e la richiesta di entrare nel management della miniera. Poi un forte inasprimento (retroattivo) sulle condizioni di controllo di qualsiasi investimento straniero, pare per arginare anche un potenziale interesse della China, con cui da sempre ci sono relazioni difficili, a ricordo di un’invasione e di una presenza particolarmente dura (basti dire che son stati “liberati” da Stalin ed erano felici di essere parte dell’URSS).

Il risultato? Gli investimenti stranieri in Mongolia nei primi 6 mesi dell’anno sono calati del 42%. RT ha chiuso tutte le operazioni minerarie sotterranee e sta licenziando oltre 1,700 addetti, diminuendo sensibilmente le proiezioni di produzione. L’entusiasmo che vedeva la Mongolia come un interessante paese emergente dove operare si è raffreddato (congelato) e c’è chi dubita possa mai “riscaldarsi” di nuovo, anche se il Governo ha promesso una revisione delle ultime decisioni legislative.

L’impressione è che la politica abbia sprecato la pagnotta, sacrificando cibo (cibo, progresso, ospedali, telecomunicazioni, infrastrutture, tutto quello che in questo momento fortemente manca) a fronte di pretesi principi che paiono più cavalli di battaglia elettorali per raccogliere il facile consenso di una protesta urlata. Ovvio poi la verità sia sempre nascosta nel mezzo, ma qui, stavolta, si è fermato tutto.

Nello scrivere queste riflessioni ho attinto esclusivamente a informazioni disponibili sulla stampa negli ultimi mesi (Reuters, FT, WST), leggendole criticamente senza utilizzare alcuna altra fonte o informazione.

Qualche foto scattata a Ulanbator (capitale della Mongolia) nell’aprile dello scorso anno …

Eve in UB

UB Loneliness

It's been over 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, always carrying with me a Leica M camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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