“десять (desyat)” ‘dieci’, dico alla babuska che dietro la cassa è avvolta in un grembiule azzurro che fatica a contenere le sue forme cui ha aggiunto un pesante maglione a dolcevita: le sto chiedendo un carnet da 10 viaggi nella metropolitana e, al solito, il poco russo che parlo è un filo arrugginito il primo giorno.
Arriccio la lingua nel tentare di tirare fuori una domanda in cirillico che abbia senso compiuto, focalizzandomi sulla semantica ma arrendendomi comunque su sintassi ed estetica linguistica. La sciura moscovita mi guarda con la stessa sorpresa come se un vecchio orso pelato stesse descrivendo un sistema di equazioni differenziali.
“U nas yest’ tol’ko odin, dva ili dvadtsat’ poyezdok” mi dice, estraendo prima un dito in carne, poi aggiungendone un secondo dove l’anello fa da vascolo-contrittore, e infine esponendo le 10 salamelle e agitandole due volte nell’aria.
Mi adeguo linguisticamente e agito le mani due volte con un sorriso, e a seguire rinuncio a chiederle quanto sia la pecunia dovuta e incastro un biglietto da 1,000 rubli nello spazio sotto il vetro blindato. Mi torna una poltiglia di banconote di resto, insieme a una tessera magnetica che mi permette di fare 20 viaggi nella metropolitana democratica di Moscow.
Foto? Scendo nel silenzioso caldo umido della Zamoskvoretskaya Line e becco chi sta giocando a “Kremlin Candy Drop”, dove al posto delle caramelle che cadono ci sono piccole cupole e bottiglie di vodka, ovvio …
Bella la foto e il racconto. Le dita sono linguaggio universale
Grazie! Si, i gesti sono universali, poi “quelle” dita …