Stasera raccatto lo zaino e metto il sedere su uno di quei cosi con le ali che mi faranno arrivare, 8 ore dopo e fresco come un crisantemo cotto a brasato, a casa nel Paese dei Castelli di Sabbia per pochi giorni (e tanto lavoro).
A Luanda ci devo tornare, questa è certezza più che sensazione: non certo perché sia una ridente località turistica ma perché ho la chiara impressione che una presenza fisica (120 chili, appunto) sia di forte stimolo per affrontare e accelerare dei cambiamenti sani e positivi.
Stavo dando anche un’occhiata in giro per capire se ci sia qualcosa o un “dove” che meriti di essere visitato e fotografato, cercando di evitare punture, borseggi, rapine, sgozzanti e altre violenze assortite che pare siano abbastanza frequenti nella capitale. Mi sono imbattuto in Santiago beach.
Santiago Beach è una spiaggia a una trentina di chilometri a nord di Luanda, ci vuole circa un’ora e mezza di fuoristrada per arrivarci (mi dicono, e pare confermata dalla mappa satellitare della zona). È la “skeleton coast” dell’Angola.
Una 50 di imbarcazioni, la maggioranza delle quali con altisonanti nomi marxisti derivanti dal trentennio di socialismo reale in questa parte del mondo, spiaggiate e abbandonate al destino di cannibalizzazione o, molto più realisticamente all’ossidazione della salsedine: potrebbe essere un posto decisamente interessante dove scattare qualche immagine. Stay tuned folks!
Foto di oggi? La ridente Luanda all’alba, dalla parte opposta alla stazione marittima: l’unica parte della città che è completamente asfaltata.
See you soon, CUS, Angola …
E’ inutile adularti per la foto… scivola sul piano inclinato della tua evidente superiorità fotografica, ma mi ha colpito la distribuzione schizofrenica dell’asfalto, distribuito “random”, o meglio a cazzo, sulla superficie di quel “bellissimo” angolo di mondo.
Non mi soffermo neppure sulla tua capacità di fare coaching e job evaluation, con sistemi che fanno probabilmente rimpiangere il controllo gesuita sul traffico degli schiavi e delle spezie.
Mi ricordi un po’ il mio primo capo. Personaggio particolare, che, quando ci invitava nel suo ufficio per una riunione diceva: “più gente entra, più bestie si vedono” (ti sentivi giustamente valorizzato e incitava l’autostima) e utilizzava molto le moderne tecniche di gestione del personale. In particolare il sistema del bastone e della carota… tralascio ogni commento sulla destinazione proctologica della carota…
Non ti nascondo che mi ha formato professionalmente molto….infatti cerco di fare esattamente il contrario di quello che avrebbe fatto lui al mio posto.
Un abbraccio fratello mio e buon viaggio.
p.s. fatti mandare un nuovo passaporto prima di rimanere bloccato in qualche buco di mondo!
🙂 sei un grande!
Invidio un pò il tuo coraggio nel visitare posti dove la malaria è il minimo che ti può capitare.. 🙂
Bbasta non essere dei sprovveduti e sono posti nei quali si puó ragionevolmente viaggiare e lavorare. Gli sprovveduti rischiano invece di farsi ammazzare … ma questo é vero ovunque al mondo.
Hai ragione, gli sprovveduti rischiano ovunque, anche a Lourdes… 🙂
Beh, forse a Lourdes meno … 🙂