May mi ha promesso un caffè, dopo le prime, veloci, scambi di battute, seguite al classico saluto Thai a mani giunte, presentate con un inchino. “So che coltivate Arabica da queste parti, da quando la coltivazione del papavero da oppio è stata soppiantata”, le ho detto, “e ho voglia di provarla”.

“Ci fermiamo a Hot, nella provincia di Hang Dong, c’è un bellissimo mercato, e servono un caffè proprio sulla strada”, mi ha risposto, creando delle forti aspettative.

Quando il catorcio che mi sta trasportando ha spalancato la porta su un classico mercato asiatico, ho intravisto un barroccio di acqua calda, che a mestolate veniva aggiunta alla polvere di caffè prodotta da una nota multinazionale, impastata con latte condensato (di un’altra famosa multinazionale) e dello zucchero semi-raffinato, il tutto in una tazza che a mezzo metro di distanza veniva sciacquata in un catino che avrebbe visto il cambio d’acqua solo a fine settimana.

Il mio sogno di Arabica locale si è infranto, come le speranze di coesione del PD negli ultimi 5 anni. Talvolta però riesco addirittura ad essere gentile e comprensivo, sarà che mi son già giocato le mie prossime 723 vite col sarcasmo e sarebbe saggio cominciare a correggere la traiettoria: ho ringraziato la mescitrice, cacciato una sorsata di cicuta ricordando Socrate, e mi son fatto tradurre nella lingua dei riccioli “Lo lascio qui un attimo a raffreddarsi, mentre faccio un giro per il mercato, così si insaporisce anche di ossido di carbonio”.

La vita quotidiana mi affascina per la sua semplicità.

Un mercato vive secondo le stesse dinamiche, ovunque al mondo. La gente è uguale, bella, reale, sincera. Ed è incredibile la naturalezza con la quale, a dispetto di barriere linguistiche e culturali, riesci a comunicare con un sorriso, anche se seminascosto dalla Signora Tedesca a Telemetro che mi accompagna ancora in questo pezzo di vita.

Compro delle bucce di banana fritte, a listelli, e del croccante. Evito l’anatra laccata con lo zucchero di canna di Chiang May, che mi farebbe cadere in una cariogenesi da mutuo col mio dentista. Sorrido all’ordine e alla pulizia, che pare così lontano dai mercati delle zone rurali Chinesi, solo una migliaia di chilometri più a nord, nella culla dello Siam.

Quando torno la mia mug di caffè è sempre lì ad attendermi: ha chiacchierato con un paraurti per ingannare l’attesa. Ne faccio ancora una gollata, prima di decidermi ad essere sincero e dire che la brodaglia non mi piace. Risalgo sul birroccio, dove il nuovo Caronte ha la stessa loquacità del servo muto di teatrale memoria, ed è anche muto in un dialetto che mi è sconosciuto. Continuo a puntare a nord.

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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