“Ciao Roberto, come va?”.

Ciao Mau, un sacco di tempo che non ti vedo, la mia chiesa stava cominciando a sentire la mancanza del suo più affezionato ateo!“. Roberto è il custode della chiesa di San Donato, nella Genova vecchia, e fa parte del mio giro classico di saluti appena riesco a tornare da queste parti.

Giro saluti che termina, ovvio, con le acciughe di Silvia o con il Nebbiolo di Maurizio nei tavoli della sua cucina in Via Di San Bernardo. Mi piace questa città: meglio, mi piace la gente di questa città e questa città.

Da dove arrivi e per dove riparti questa volta?” mi chiede Roberto, affascinato da un mondo che supera le mura medioevali della sua chiesa Romanica e l’ombra della sua Torre Nolare. “Sono stato dai tuoi concorrenti, nelle Pagode Buddiste della Birmania”. “Tanto le trenette al pesto, il caponmagro e le acciughe lì mica te le mangi, hanno ancora da imparare quelli, altro che concorrenza. Poi, dai, di la verità: a te non piace arrugginire in qualche posto”.

“Si, forse è meglio bruciare che arrugginire, come dice la canzone ‘It’s better to burn out than it is to rust‘: la conosci? È di Neil Young, ‘Hey Hey, My My (into the Black)’. Neil l’ha scritta nel 1977, e, a parte l’innegabile forza (e anche della sua parte acustica ‘Out of The Blue’), quello che ha anche condannato questo brano alla triste notorietà è la sua citazione nella lettera d’addio scritta da Kurt Cobain (il leader del Nirvana) prima di farsi saltare la testa con un fucile, a 27 anni”.

“Pensa Roberto, avevo sentito suonare i Nirvana a Milano il 24 Febbraio 1994, pochi giorni fa son passati vent’anni da quella sera. Un concerto che mi aveva lasciato molto perplesso, con un Cobain immobile sul palco, completamente fuori tempo con la sua chitarra scordata, che continuava l’agonia di una canzone dopo l’altra. ‘Serve The Servants’, poi ‘Come As You Are’, e infine ‘Smells Like Teen Spirit’. Un’aria malsana: una sorta di affanno.”

“Poche settimane dopo Kurt si suicidava, e invece io due mesi dopo, in una notte di inizio Maggio, accoglievo in giacca e cravatta per dimostrare che riesco sempre a cannare l’abbigliamento adatto al momento, gli occhi azzurri di mia figlia che si spalancavano per la prima volta sul mondo. Devo aver lasciato Camilla perplessa in quel primo istante: ogni tanto capisco ancora oggi quel suo sguardo che dice ‘Ma questo chi cazzo è?‘”.

Roberto annuisce, mi invita a rimanere e a chiacchierare ancora: la Madonna lignea posizionata nella navata di sinistra mi ricorda tanto l’immagine che troneggiava all’ingresso dell’House of The Blues a Chigago, ma questo a Roberto non lo dico, mi limito a fotografarla, e sorridendo continuo a bruciare …

san donato

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

11 Comment on “Meglio bruciare che arrugginire

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