Ieri a Singapore era la festa del Thimithi: conclusione di settimane di riti, offerte e purificazioni, il momento topico è quello di camminare a piedi nudi dentro un fuoco.
La termodinamica mi dice sia perfettamente spiegabile, ma talvolta la logica fa fatica a farsi varco nell’emozione. Fatemi tentare una spiegazione tecnica che non scoraggi la lettura.
Quando due oggetti a temperature differenti si toccano, il corpo più caldo si raffredda, cedendo calore a quello più freddo che si riscalda, e questo avviene fino a quando entrambi raggiungono la stessa temperatura, o quando questi vengono separati.
Quale sia la temperatura di equilibrio, e quanto velocemente questa venga raggiunta (cioè quanto rapidamente il corpo più freddo si riscaldi) dipende dalle proprietà termodinamiche dei due corpi: la loro temperatura iniziale, densità, capacità di riscaldarsi, e la rispettiva conduttività termica.
L’effusività termodinamica è definita dalla radice quadrata del prodotto di conduttività, densità e capacità termica, e ci da l’indicazione di quanta energia termica il corpo assorba, in un dato lasso di tempo, per unità di superficie: questo guida la rapidità dello scambio di calore tra due oggetti.
Quando poi questi sono un piede umano (composto soprattutto da acqua) e un carbone ardente, anche l’Effetto Leidenfrost ci viene a supporto: un liquido, posto a contatto con una superficie notevolmente più calda del punto di ebollizione, produce uno strato di vapore isolante che svilupperà una forza ripulsiva, impedendo a due corpi di toccarsi.
Bene, tutto questo è vero, ma quando vedi un tipo partire a piedi nudi e attraversare una decina di metri di braci, l’emozione prende il sopravvento, complice anche il ritmo assurdo dei tamburi, le urla delle trombe, e i salmi ritmati che vengono ripetuti allo sfinimento dai fedeli.
Pratica antica quella della camminata sul fuoco: se ne registrano tracce sin dal 1200bc come rito di iniziazione, o come testimonianza di fede nei confronti della divinità, che accetta il sacrificio proteggendoti dalle bruciature.
Nel calendario Tamil, durante il mese dell’Aipasi (nostro Ottobre-Novembre) che culmina con la festa del Depavali (o Deewali), uno degli dei che viene celebrato, nella galassia teologica Induista, è Draupadi Amman: incarnazione di Kali, e appartenente alla sfera di Miriamman, la dea della pioggia.
La festa che si è consumata ieri qui a Singapore ha riunito diverse centinaia di devoti, anche se la classica processione che – come per il Thaipusam (vedi il mio articolo qui) normalmente parte dal tempio di Sri Srinivasan a Little India – è stata cancellata a guardia di un crescente numero di contagi nell’Isola Stato.
Quando ero uno studente modello, e pascolavo nei cortili di Filosofia della Statale in Festa del Perdono (son passati quasi 45 anni da quel tempo), mi ero lanciato nella lettura epica delle Upanishad e del Mahabharata, uno dei poemi epici in sanscrito antico, che canta il divenire della lotta tra molti “bene” e tanti “male” che fanno della agiografia Indiana un’impresa impossibile da seguire, se non per filoni specifici e limitati.
Il racconto delle lotte, battaglie, reincarnazioni e trasformazioni è talmente complesso che ne esci frastornato.
Uno dei più grandi templi dedicati a Sri Mariamman, fuori dal continente indiano, è quello di Singapore, sulla Southbridge Rd, a poche centinaia di metri da dove vivo, a Chinatown.
Fondato nel 1827, e inizialmente costruito in legno, il tempio fu poi ingrandito da una serie di donazioni di terreno, è dal 1862 che ha la conformazione attuale, riconosciuto come monumento storico.
Dalla mattina presto il fumo del fuoco alimentato da legna si spargeva tra una senza moltitudine di fedeli, tutti scalzi e vestiti nei toni caldi dei gialli, arancioni e rossi, simboli di Mariamman.
Ho cominciato a girare nella zone in mattinata, malgrado la cerimonia vera e propria comici solo nel tardo pomeriggio: alla fine ho passato quasi 6 ore a pochi passi da casa, godendomi uno spettacolo di cultura, religione e vita che ancora una volta rende felice la mia curiosità.
Mi faceva compagnia La Signora Tedesca a Telemetro, la mia Leica M7 con un po’ di pellicole sia in B&N che a colore (quando riuscirò a sviluppare e scannerizzare, pubblicherò sul mio account Instagram qualche altra immagine), e la Leica Q2 con la quale sto continuando a divertirmi qui a Singapore.
Per le riprese (vedi un estratto sotto) ho usato un iPhone, che ha il dono della semplice efficacia.
Fantastica la disponibilità a lasciarsi fotografare, e condividerà l’emozione e la tensione che traspare dagli occhi. Eccellente l’organizzazione, che si è protratta fino alla serata per consentire a tutti i fedeli la partecipazione.