Downtown Yangon, Pansodan Street: basta camminare lungo lo Strand, passare il Post Office, con i suoi mattoni rosso Royal Mail, superare lo Strand Hotel, dove le vestigia vittoriane hanno ceduto il passo alle stelle del lusso, girare a destra ed essere immersi nella vita della vera capitale della Birmania (ho deciso che uso questo nome al posto di Myanmar e Burma).
La mia guida, che per comodità Salgariana ho ribattezzato Tremal-Naik, ha capito che la sfiga l’ha colto con un cliente anomalo e per nulla messo a disagio dalla piaggia, né dalla quotidianità della vita cittadina, né dallo slalom tra gli sputi di betel o meno con i quali i locali amano disegnare mosaici per terra.
In dieci metri di marciapiede ci sono 8 intraprendenti della ristorazione, e questo continua per kilometri, e la stessa scena si ripresenta nelle zone rurali che ho visitato nei due giorni successivi. Tradizioni Birmane, Malesi, Thai, Chinesi, Indiane: qualsiasi cosa sia anche lontanamente commestibile secondo un concetto estremamente ampio viene infilzata, fritta su padelle di olio bollente appoggiate a terra, cotta al vapore, insaporita con vari intingoli, arricchita con riso (fritto) e servita. Faccio una puntata solo di street-food, promesso, anche perché ho assaggiato qualsiasi cosa, sedendomi spesso da solo.
Quello che mi ha commosso sono i librai sulla strada: la cultura è libertà, e forse nelle immagini che seguono ne trovate la conferma ….