Non so dove sia nato il detto che cane e padrone si assomiglino, ma posso confermare che io e Beria stiamo pericolosamente entrando in una simbiosi speculare. La sua acuta attenzione per il cibo è il primo carattere denotante.
L’altra sera avevo un’amica a cena e stava gesticolando animatamente con un pezzetto di focaccia in mano: mi sono accorto che il naso di Beria stava seguendo in modo millimetricamente fedele il movimento della sua mano, senza perdere per un’istante di vista la focaccia. Quando si è accorta che la stavo osservando (Beria, non l’amica, che ha continuato imperterrita a parlare di una impresa di spurghi nel corno d’Africa), si è fermata. Con una capacità espressiva pari a un professionista che ha passato anni all’Actor Studio, fissandomi con il suo sguardo più commiserevole ha cominciato, totalmente immobile, a far ondeggiare la coda in lunghi archi per trasmettere il concetto “tu mi dai la focaccia, io sono felice“.
La sua formazione politica è anche in totale sintonia: girando per Genova si ferma ad esprimere il suo dissenso davanti a qualsiasi scritta razzista, omofona o squadrista, cercando di dare il suo massimo contributo liquido o solido mentre guarda in cagnesco (le riesce bene) il testo. Abbiamo un dialogo fitto quando andiamo in giro assieme. Ogni tanto commentiamo assieme anche i suoi colleghi: ha la sua particolare scala di valori, che mette (ovvio) i pastori tedeschi in cima alle sue preferenze, per poi scendere sempre più verso i “cani da borsetta”.
Ieri le ho indicato due orecchie che spuntavano da una borsa, in Piazza De Ferraris: mi ha risposto “O tempora, o mores“, dimostrando anche una discreta cultura classica nel citare la prima orazione di Cicerone contro Catilina ….