La raffica di corti fischi che ci scambiamo indicano la comune passione, come il buon doppio lampeggio dei motociclisti di una volta.

Sono le 6:25, sto andando in palestra e poi al lavoro. Io pedalo sulla Black Honey, la mia single speed e sto tagliando una rotonda per entrare sul marciapiedi di Viale Mecenate, il “collega” è su una velò-vintage e sta piegando per scendere verso l’Ortomercato. Ci sorridiamo.

“Bella Gino” gli urlo. “Vai Fausto! vuoi la borraccia?” mi risponde, dimostrando cultura ciclistica classica.

Era il 4 Luglio 1952, e il Tour De France portava i corridori da Losanne all’Alpe di Huez. Una tappa che scardina i polpacci, li addenta e porta via pezzi di muscolo in un brodo di acido lattico. (Fausto) Coppi conduceva in maglia gialla, borracciatallonato da (Gino) Bartali. La salita del Passo Galibier era durissima: Carlo Martini scattò un’immagine che ci ha consegnato quel momento alla storia, il “passaggio della borraccia”. Un’immagine che racconta una storia, un simbolo della competizione sportiva umanizzata e partecipata.

Si, perchè i due erano rivali e la loro battaglia combattuta su moltipliche, pignoni, deragliatori e camere d’aria era entusiasmo e sogno popolare. Rivalitá alimentata dalla voglia che vedeva nel ciclismo il riscatto di una nazione umiliata in una guerra assurda, dopo aver vissuto le folle illusioni della dittatura fascista. Rivalità e orgoglio nazionale I due campioni erano anche una metafora della divisione politica del Paese: Fausto (il “comunista”), laico, in contrapposizione al religioso e cattolico Gino.

Tra il 1940 e il 1954 i due vinsero 8 giri d’Italia, 4 Tour de France, 7 Milano-Sanremo: il numero totale di corse vinte da entrambi è strabiliante: 124 per Gino, 122 per Fausto. Una leggenda, e non dico “due leggende”, perché è stata la coppia, la loro rivalità (inventata e artificialmente alimentata), il loro mondo e il loro ciclismo a diventare leggenda.

Pedalare è bello. È libertà, velocità. È puro ed efficiente lavoro muscolare. Devo anche aggiungere che ne porto addosso qualche cicatrice, ma andare in bicicletta mi fa felice.

Foto? Ovvio, Black Honey ….

black honey (1)

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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