“Salham aileiku, da nem’us awher” (“Che la pace sia con voi, sono un fotografo”) sono le parole che ho pronunciato stasera, nel mio rudimentale arabo, entrando in un negozio di barbiere a Karama, l’area più densamente popolata della “vecchia” Dubai dove oggi gli immigrati indiani, pakistani e iraniani trovano alloggio.
Molto presente anche la comunità Omanita dal 1980, quando, per aiutare i profughi di Zanzibar che si erano trovati senza uno stato e senza una casa, Sheikh Rashid bin Saeed Al Maktoum costruì la Hamadan Colony, un gruppo di palazzi che ancora ora esistono.
È forse la parte più vera di questa città, dove Africa, Penisola Arabica e Sub-Continente Indiano si incontrano e generano un melting-pot dove non riesci a intravedere la ragione di sussistenza economica di 13.500 sarti, 35,400 ristoranti e caffetterie, e 3.800 barbieri: tutti che sviluppano un’offerta e una serena e statica concorrenza reciproca. I numeri sono sparati a casaccio, ma possono corrispondere ad una realtà percepita anche solo dal camminare per strada per un paio d’ore.
Di Mackey, la fotografa Neozelandese che ho incontrato pochi giorni fa a Genova (vedi questo post), ha scritto nel suo sito (lo trovi qui) che pare io abbia un dono particolare per riuscire a convincere la gente a farsi fotografare, riuscendo a farli sentire a proprio agio: ho voluto mettermi alla prova e lo sguardo di barbieri e clienti quando sono entrato nel piccolo negozio, senza barba né capelli dopo aver appena fatto un’accurata completa rasatura, ha rasentato il comico.
È stato il silenzio più totale.
“Chiaramente non sono un cliente, ma vorrei fare qualche foto se non disturbo” ho detto in inglese, e poi in arabo “Salham aileiku, da nem’us awher“, a beneficio del cliente che si stava facendosi sbarbare che, dall’aspetto, la cosa più inglese che poteva saper dire era “shey” (tea, ma in arabo, ovvio). Ho ricevuto un corale cenno di assenso, alcuni a voce, altri annuendo col capo, il tipo della barba con gli occhi.
Sono stato con loro per oltre mezz’ora. Nel silenzio fatto dal sottofondo di una radio e rotto solo dal suono del rasoio e dal soffice rumore dell’otturatore. Il ragazzo che sta facendosi frizionare i capelli mi saluta con il gesto di Sheik Mohamed, le tre dita di “vittoria, trionfo e amore”.
Ho scattato 5 fotografie, di queste 3 ve le faccio vedere …
See, I was right 🙂 By chance I was in a barber shop, here in Genova, tonight. I still have to download the photographs and see what I have but I LOVE what you captured. Nice work. Then again, I never doubted you could do it.
Well … someone thinks I’m so “big” that no one dares to protest or deny when I ask their permission 🙂
I love the idea we both captured a barber shop at 6,000 km distance: looking forward to see you work also!
Credo che Karama sia il posto più interessante di Dubai, più interessante di quell’enorme assemblaggio di negozi e grattacieli che dev’essere la città nuova 🙂
Decisamente più interessante e più fotografabile 🙂
Riesci ad essere convincente con gran naturalezza… È un bel talento…
Belle foto… Diversamente dai tuoi timori, non vedremo spesso still life! 🙂
Se non pubblico per qualche giorno significa che mi hanno arrestato 🙂
Di ti ha dedicato un bellissimo post e una bella foto 🙂 Ho guardato le foto pubblicate sul suo blog e sono veramente belle.
All’idea di te che entri dal barbiere e chiedi serenamente di fare delle foto mi è scappato un po’ da ridere…ma con i tuoi modi di fare credo che a breve in tanti avranno una tua foto che li ritrae e saranno contenti di averla… 🙂
Inshallah 🙂
Missione compiuta direi… 🙂
Belle e lattiginose. MI piacciono assai
“lattiginose”? mi piace questa traduzione poetica per un diaframma aperto a 1.4/2.0 🙂