“Pace fratello, mi porti ad Al Sabkha per favore?”. “Dove vuoi andare di preciso?“. “Va bene se mi lasci vicino al Souk delle Spezie, dalla parte di Banyias”: è sabato mattina e la città è ancora abbastanza lenta nei suoi movimenti, ho voglia di fare due passi in una realtà che sappia di vero.

Non so cosa porti chiunque io incontri a cominciare a parlarmi: forse ho l’aria del chiacchierone, forse ispiro curiosità o forse tentano di ammansirmi per uscirne vivi. Anche stamani il tassista comincia col chiedermi da dove venga, domanda classica per chiunque qui visto che i pochi autoctoni sono molto ben identificabili dall’abbigliamento e dalla cilindrata delle auto che guidano.

La sorpresa di Muhfaraht per la mia nazionalità, che segue sempre poi il regolare commento che il mio inglese non è da Italiano ma più da canguro-koala-opossum, comincia a farci chiacchierare mentre scendiamo verso Deira.

Muhfaraht viene dalla valle del Kurram, nella zona tribale Pashtun del Pakistan: pare un segno ricorrente che debba continuare a incontrare persone che arrivano da quella terra complessa e abbastanza pericolosa (vedi anche questo post). Mi dice con orgoglio di essere un Turi.

My friend, you see my eyes? These are the eyes of a Turi, thanks to God” (‘Vedi i miei occhi, amico mio? Grazie a Dio questi sono gli occhi di un Turi’).

I Turi, originariamente popolazione nomade, si stabilirono alla base delle vette innevate che fanno oggi da confine con l’Afghanistan all’inizio del 1500: gente cazzuta e dal coltello e dalla carabina facile, si sono guadagnati il rispetto delle altre tribù a forza di oltre 400 anni di scontri, trattati, indennità pagate e ricevute. Quando ho avuto il tempo di studiare un filo la storia e i costumi di quest’area del mondo non mi sono poi più stupito del fatto che la vita abbia un valore decisamente basso e che la sopravvivenza sia legata a quanto terrore tu riesca ad incutere nei tuoi avversari, con faide che si protraggono per generazioni dove la garanzia della tua vita è connessa alla forza della tua gente.

I Turi hanno anche una decennale storia di conflitti contro i Taliban, e in particolare con gli aderenti ad Al Qaeda e a Haqqani: motivi religiosi, scorrerie nei territori e un profondo reciproco odio ha lasciato un’interessante scia di scontri culminati nelle battaglie del 2007 (vedi le cronache della ‘Kurram Agency War’).

“Quanti figli hai, Muhfaraht?” gli chiedo. “Grazie ha dio ho 7 figli, saddiki (‘amico’), 2 maschi e 5 femmine“. “Caspita, sono tanti!”

Il primo figlio è stato benedetto da Dio come maschio, e noi abbiamo la tradizione che ogni uomo deve avere due figli maschi per garantire crescita e protezione della tribù. Dopo il primo figlio ho avuto 5 femmine, fino a quando Dio mi ha dato la grazia del secondo maschio e allora mi sono fermato“.

“Deve essere dura mantenere tutta la famiglia, e stare così lontano per mesi se non per anni”.

Ci sentiamo quasi tutti i giorni con Skype” mi risponde, e io mi trovo a ringraziare l’esistenza di questa applicazione che anche io uso dalla sua nascita. “Ho lavorato duro, ma ho garantito un’educazione a ciascuno di loro, sia ai maschi che alle femmine“.

É la cosa più importante da offrire ai propri figli, l’educazione” mi dice.”Vuol dire dare loro una speranza, un futuro, una vita migliore: la mia tribù ha investito molto in questo e i risultati ci sono con scuole e ospedali. Oggi mio figlio maggiore lavora a Melbourne, mentre due sue sorelle sono qui a Dubai come infermiere. Tutti gli altri crescono e vanno a scuola, thanks to God. E se tutti i padri facessero come me, il mio paese diventerebbe in breve un posto migliore: abbiamo prodotti della natura, cibo delizioso, delle montagne bellissime che si imbiancano di neve nell’inverno freddo, ci mancano solo delle persone che abbiano più rispetto e pace“.

Una storia di speranza, di amore, di dura realtà: un pezzo di vita vissuta. Mentre mi allontanavo dal suo taxi mi sono sorpreso a sentirmi suonare della testa “Don’t let it bring you down, It’s only castles burning ….”, da un grandissimo brano di Neil Young …

Old man lying by the side of the road, With the lorries rolling by,
Blue moon sinking from the weight of the load, And the building scrape the sky,
Cold wind ripping down the allay at dawn, And the morning paper flies,
Dead man lying by the side of the road, With the daylight in his eyes …

Chiedo a Muhfaraht di scattagli un’immagine: acconsente. Mi piace l’atmosfera che si è creata dentro il suo taxi, non esco nemmeno ma mi avvicino solo al sedile anteriore, mentre lui mi guarda. Foto? Turi eyes …

Turi eyes

 

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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