“Beria, ti posso dire con orgoglio che, malgrado i baccanali di questi due giorni a casa, ho infranto il muro dei 113 chili e alla pesata di stamani fermo l’ago (virtuale e digitale) della bilancia a 112,8”.
Il mio cane sta caracollando durante una passeggiata nemmeno tanto mattutina (sono le 7) e ondeggia la coda in modo semi-celebrativo, più per darmi un incentivo che per reale partecipe entusiasmo. “Ovvio” mi dice “che se non ti fossi abbuffato come un dannato negli scorsi 10 anni, oggi non saresti lì con unghie e ramponi a tentar di uscire dal canyon degli obesi“. “È sempre un piacere chiacchierare con te,” le rispondo “e vedo che ironia e sarcasmo ti stanno sempre attaccati come il tu pelo, eh?”.
Fa l’offesa, mi tocca ammansirla con un po’ di storia e attualità, cosa di cui è ghiotta.
“A proposito di obesità, hai sentito che Don Thomson ha dato le dimissioni qualche giorno fa, lasciando dopo oltre 30 anni la McDonald’s Corporation: era entrato come elettricista nel 1985, e dal 2012 era CEO del gruppo che ha fatto dell’hamburger, del fast-food e della standardizzazione di processi in produzione accelerata un’icona mondiale del ‘MADE IN USA’?”
Beria si ferma, drizza le orecchie ruota leggermente il muso: sa che sta arrivando qualcosa che le interessa ascoltare.
“Si, questo è un altro tassello in una crisi della multinazionale che ha i due archi gialli a ‘M’ su sfondo rosso come simbolo. Sono oltre 18 mesi che li sto osservando: prima hanno cominciato a perdere mercato a favore di catene più semplici ed economiche come Burger King nella fascia bassa di consumo, poi hanno pagato la rigidità delle loro scelte produttive, e hanno ceduto importanti quote a nuovi brand come ad esempio Shake Shack che, nato nella Manhattan del Madison Square come un semplice carretto nel 2000, a partire dal 2004 si è consolidato come catena, differenziandosi con la possibilità di leggera customizzazione dei loro panini.”
“Ne ho provato uno a Yas Mall la scorsa settimana (si, hanno aperto anche nel Golfo Persico), e devo riconoscere che l’approccio, le variante di menù e quel minimo di servizio al tavolo sono tutte cose che vanno incontro a un’esigenza leggermente più raffinata dello standard che McDonald offre.”
“Poi ci sono state le crisi delle vendite in Russia, dove per ritorsione contro l’embargo imposto dall’occidente contro la criminale politica di sostegno alla guerra in Ukraine, una serie di sospette ispezioni pilotate hanno chiuso gran parte dei loro punti vendita, incluso quello storico sulla Piazza Rossa. E ancora peggio il crollo del mercato asiatico, a causa di prodotti scaduti forniti dai loro principali fornitori in China e grossi problemi di igiene in Japan dove sono stati trovati oggetti nelle patatine”.
“Anche la battaglia sindacale, che li ha visti in opposizione all’aumento del salario minimo (da fame, è il caso di dirlo con quasi ironia qui) dei lavoratori dei fast food negli Stati Uniti, ha contribuito a intaccare un’aurea di splendore commerciale che era già stata messa sotto accusa negli anni scorsi dalle class actions promosse contro l’obesità, la salute cardiologica e in generale la qualità dei principi alimentari che offrono in vendita”
“In gran segreto sono stati fatti alcuni pilot di varianza e, ad esempio, se vai a Sydney che rappresenta un eccellente laboratorio per il mix etnico-culturale, puoi vedere da alcuni mesi un McCafè con anche servizio al tavolo: non so se però il cambiamento possa avvenire in tempo, vista la rapida crudeltà del mercato che riesce a buttare a gambe all’aria dei colossi nello spazio di pochissimi anni.”
“La multinazionale, nato con il suo primo ristorante il 15 Maggio 1940, che impiega tra dipendenti diretti e in franchising 1.9 milioni di addetti, operando in 119 paesi del mondo attraverso 35mila ‘ristoranti’ e servendo 68 milioni di consumatori al giorno, potrebbe vedere dei momenti veramente duri.”
Beria mi guarda con aria interrogativa: le rispondo “Si, io un’idea su cosa bisognerebbe fare ce l’avrei, ma sarà ben dura per loro nei prossimi 5 anni.”
Intanto che ciarlavamo siamo arrivati davanti a un murales ….
Simpatiche le chiacchierate con il cane! 🙂
Sul famoso fast food: non mi dispiacerebbe vederli finire a zampe all’aria. Ma tanto, morto un papa se ne farà un altro. All’immondizia non c’è mai fine…
A me non sono mai piaciuti i loro cibi, ma vedere un’azienda in crisi mi fa sempre pensare a chi rischia di rimanere senza lavoro: meglio sperare in una trasformazione incredibile, andando a diventare la più grande catena etico-salutista del pianeta … 😉
🙂 Il tuo ragionamento non fa una piega… La vedo dura, ma speriamo!
Io e Beria siamo dei vetero-comunisti, romantici e sognatori: entra nel club, sei il benvenuto!
Hehehe, fatto. Per pagare la tessera va bene una bottiglia di vino? 🙂
Non ci sono costi di iscrizione, è un club rigorosamente ad invito, ma la bottiglia portala comunque, spece se di Aglianico che oggi ne sento il sapore sulla lingua ….
Sarà fatto! 🙂
Se scrivi una sorta di memorandum da mandare a McD’s che indica loro i punti per diventare la più grande catena etico-salutista del mondo, vogliamo firmarla anch’io e la mia famiglia 🙂
Se dovessi mai guidare quel programma, vi prendo come key testers 🙂
Non entro nel merito del riassetto delle strategie di mercato della società delle collinette dorate, che spero avvenga quanto prima, mentre voglio condividere con te una notizia che mi ha fatto sorridere per l’ironia.
Ho sentito del furto di grasso delle liposuzioni perché altamente ricco di cellule staminali, per cui sto pensando, da portatore sano, di offrire un terzo del mio corpo alla scienza.
🙂 quand’è che ti decidi a scendere sotto una BMI a tre cifre? 🙂
Aspetto la svalutazione dell’indice… un po’ come hanno fatto i francesi quando sono passati dal vecchio al nuovo franco. 😉
Che bello leggerti Mau!!
Adulatrice ipocalorica 🙂
😀 😀