Sono a Milano per una settimana: buona occasione per occuparmi dell’educazione storico-politica di Nyla, quadrupede anarchica che finalmente ha terminato la fase da roditore nella quale s’è mangiata mezza casa, ma è purtroppo entrata in quella “ma quanto è bello rotolarsi nelle pozzanghere, e ancora meglio se sono fangose“.
“Nyla, hai sentito che Lufthansa non volerà più in Venezuela?”
“Mau, me lo dici perché ci sono delle bellissime pozzanghere nei dintorni di Caracas, e quindi pensi sia il caso di usare quelle ultime miglia che ti sono rimaste con LH per farci una scappata prima che l’operativo sia cancellato?”
“No, Nyla, te lo dico per aggiungere un altro tassello al dramma economico e sociale che si sta consumando da oltre un decennio in questa terra, e che sta portando sulla soglia della fame oltre 30 milioni di persone.
La dipendenza del Paese dalla produzione di greggio ingaggia il 95% del volume delle esportazioni, e i proventi sono stati utilizzati per finanziare politiche sociali che spesso hanno scavalcato nel populista. Tutta l’economia è stata incentrata sull’industria estrattiva, con praticamente nessuna diversificazione: questo significa un fortissimo ricorso all’importazione per praticamente qualsiasi bene. E devi ricordarti che le importazioni si pagano in dollari, visto anche che il Bolivar Fuerte (che il nome è un ossimoro) subisce un’inflazione del 180% che fa concorrenza storica a quella della Repubblica di Weimar”
Da buon Pastore Tedesco politicizzata, Nyla si è sdraiata ad ascoltare: si vede che in qualche recessa cella di memoria ereditaria un suo parente è stato accarezzato da Rosa Luxemburg.
“Bene, adesso facciamo una semplice operazione algebrica: l’economia del Venezuela era in forte crisi con il petrolio a $88 il barile nel 2014: cosa pensi sia successo quando, nel 2015, il petrolio è sceso a $45 e poi (nel Marzo di quest’anno) a $35? Dopo aver dato fondo alle riserve, il Paese non ha più i soldi necessari a importare quello di cui ha bisogno, e non parlo di RollsRoyce o di Apple, ma di alimenti.
Aggiungi a questo che, in un altro sussulto di supporto populista, il buon Chavez che ha guidato il Paese dal 1999 al 2013, aveva istituito un rigido controllo dei prezzi sui beni di prima necessità nel 2003: questo gli è valso il plauso popolare, ma come tutte le azioni di economia artificiale l’effetto boomerang è stato ancora peggiore del problema che si voleva indirizzare, facendo fermare una produzione e distribuzione di generi che venivano pagati meno del loro costo, e quindi generavano perdite che hanno portato alla sospensione della produzione o al mercato nero, o ancora al contrabbando con la vicina Colombia per realizzare profitti rispetto al mercato domestico. Questo ha creato addirittura una maggiore dipendenza dall’importazione di qualsiasi bene di consumo, e una cronica scarsità nella distribuzione di cui le lunghissime code ai negozi sono un’immagine. Addirittura per sconfiggere l’incremento esponenziale del mercato nero, nel 2014 era stato annunciato un sistema di tessera-annonaria basata sulle impronte digitali per assicurare una distribuzione più equa. Un disastro, seguito poi dalla parziale chiusura delle frontiere con la Colombia, per impedire l’esportazione illegale. Il risultato di tutto questo ha una conseguenza disastrosa: la fame.”
Nyla inclina la testa, e le due padelle che si trova come orecchie creano uno Sturm und Drang di ciuffi di pelo sopra la sua testa.
“L’opposizione al corrente Presidente, Maduro, sta cercando di rimuoverlo dalla carica, ma è in corso una battaglia istituzionale per la conservazione del potere e anche le quasi 2 milioni di firme raccolte per un referendum corrono il rischio di essere invalidate o quantomeno di vedere il processo rallentato fino ad assicurare una transizione conservativa nelle mani del Vicepresidente, compagno di partito di Maduro.
Intanto ci assiste alla catastrofe: la settimana lavorativa dei dipendenti pubblici è stata ridotta a soli 2 giorni, il Lunedì e il Martedì, per fronteggiare anche la crisi energetica inasprita da una stagione eccezionalmente secca. Gli ospedali hanno terminato medicinali e non hanno l’elettricità per far funzionare le sale operatorie. Uno dei segnali che ci fanno capire cosa sta diventando la scarsezza di materie prime alimentari è che la Coca Cola ha chiuso i suoi impianti per l’assenza di zucchero per produrre i soft drinks, visto che anche la produzione di canna è scesa alle 430mila tonnellate in questo 2016, costringendo l’importazione di 850mila tonnellate di zucchero.”
Nyla mi guarda negli occhi, cercando una risposta alla sua domanda. Ma capisce subito che la situazione in Venezuela non la vedo bene, anzi.
Foto? Non ho nulla di Caracas, visto che le immagini scattate laggiù sono ancora sul Kodachrome, quindi fatemi riciclare qualcosa di Lau Pat di un tre settimane fa …
Su questo la buonanima di Chavez non è stato lungimirante… Forse doveva inventarsi qualcosa finché il vento del petrolio soffiava.
Ciao Mau!
Si, sciocchezze tipo modernizzazione e diversificazione, ma sai … la favola del socialismo reale tirava ancora bene, perchè cambiar musica fintanto che tutti ballano contenti 😦
😦
Peccato, perché con il petrolio a prezzi alti si potevano finaziare un mare di progetti diversi.
Si, ma un sacco di Paesi non ci hanno pensato (o non conveniva pensarci, meglio il “ballo breve”): Venezuela, Angola, Nigeria, Russia, Mozambique, Borneo, ecc ….
Stranamente, o logicamente, non ne sapevo nulla. Crea una rubrica settimanale su queste analisi, io mi abbono subito.
E’ anche curiosa la contraddizione tra il teso e le foto. Nel primo si parla di economia al collasso, razionamenti e fame, nelle seconde ci sono stalli di street food con cibo in abbondanza.
🙂
Prometto 1 racconto serio (ma “romanzato”) a settimana, Chef!
Sulla foto, in contrasto è voluto … 😉
Sul racconto ci conto.
Sui contrasti non avevo dubbi 🙂
Non è proprio lo stesso ma anche Ryanair ha ridotto di molto le tratte da e per la Sardegna. Questo vuol dire che la continuità territoriale è andata a farsi benedire (come se fosse mai esistita) per cifre inferiori ai 300 euro e che molti emigrati non potranno tornare a casa nemmeno per votare.
Siamo molto lontano dalla situazione del Venezuela ma, mutatis mutandis, ti garantisco che nemmeno noi ce la passiamo bene.
Buona Domenica 🙂