Devo ringraziare l’intelligenza che c’è nell’assenza di coerenza, insieme a fatti concomitanti che si orchestrano come se fossero una chiamata: nel mio caso non uno squarcio nelle nuvole con il triangolo occhiuto che appare, ma più una pacca sulla pelata al suono vocale di “.. ma che cazzo!“.

Pazienza un attimo che vi aggiorno.

Stavo atterrando a Luanda, in Angola, per la seconda volta nelle ultime 4 settimane, e questo non è certo un segnale di contesto incopraggiante. Ho sporto il coppino e guardando verso il basso da un’altitudine di un migliaio di metri ho finalmente visto la skeleton coast che sto cercando di visitare da un paio d’anni.

Finalmente ho visto che esiste, con diverse decine di navi spiaggiate arrugginite, alcune anche accessibili dalla riva, altre poco piu’ lontane in un fondale che per il primo miglio non deve superare i pochi metri di profondità.

Bellissima, affascinante, con i relitti spruzzati dalle onde. Ho visto anche una serie di piste che, dalla strada principale in terra battuta che corre verso il nord del paese, porta a scendere fino sul bagnasciuga.

Non c’era speranza di riuscire a ritagliare la giornata che mi sarebbe servita per trovare un autista autoctono e farmici portare con un fuoristrada: 30 ore dopo avevo un volo che mi riportava nel Paese dei Castelli di Sabbia, e il mio bagaglio a mano comprendeva solo un manto nero e una falce. Non ho manco portato la Signora Tedesca a Telemetro, tanto non avrei avuto ne tempo ne voglia nemmeno di mangiare, figurati di scattare un’immagine.

Un’altra cosa da mettere da parte, e ricordare per quando avrò più tempo, più voglia più …

Ma perché rinunciare, in una dicotomia manichea “tutto o nulla”, di parlarne o di scriverne? Perché non ammettere che alcune cose, anche solo sfiorate, abbozzate, viste da lontano, non perfette ma comunque belle, debbano essere lasciate a loro stesse, senza il piacere di condividerle, di sognarle e farle sognare? Perché non ammettere che questo è il mio quotidiano, e mi piace: non perfetto e ideale, ma interessante e stimolante. Perché non ammettere di aver fatto una cazzata e ricominciare con il sorriso sulle labbra a scrivere con qualsivoglia frequenza mi possa concedere?

Ho menso in freezer questo blog da diverse settimane, impegnandomi nel trovare qualcosa di piu’ articolato e approfondito su cui lavorare, con immagini piu’ documentali.

Nelle ultime 6 settimane ho poi picconato in miniera senza sosta, trasferendo la macchina fotografica da una sacca all’altra, e gigioneggiando tra l’idea di scrivere della statua di Lenin tra le colline del Parmense, sulle dimenticate persecuzioni religiose delle minoranze nel nord del Myanmar, e sul nuovo “45” come un’amica liberal chiama Donald Trump(et), rifiutandosi anche di pronunciare il suo nome dopo l’intervista su tortura e waterboarding e l’affermazione sull’esistenza di “alternative facts”.

Poi non ho fatto un cazzo. Un beato cazzo di nulla.

In compenso ci sono alcuni di voi che mi hanno cercato, scritto, telefonato e messaggiato, chiedendomi “come si sta senza scrivere?“. La Cami mi ha mandato la sua tesi da leggere, dove parla della storia dei talk-show (la ragazza si laurea a giorni), e mi son trovato felice come un pirla traboccante di orgoglio nello scorrere la sua prosa. Mi sono ascoltato mentre dicevo ad un collega “non cercare la perfezione, ma un risultato ampiamente positivo, e commisurato a contesto, sforzo, potenzialita’ e possibilita‘”, rendendomi conto che avrei dovuto farmi lo stesso discorso allo specchio.

Ci son poi voluti alcuni giorni per trovare il momento giusto, con un filo l’ansia che il procrastinare mi avesse fatto rientrare in una attesa “del momento giusto” che per definizione e’ piu’ difficile da trovare che una cinquina secca sulla ruota di Kabul (dove – per inciso – manco si gioca al lotto e manco a tombola). Sentendomi ripetere uno dei miei migliori mantra, “oggi e’ il giorno giusto, adesso il momento giusto”.

Adesso l’ho fatto.

Sono dentro un sigaro volante, qundi poco e’ cambiato: volo lungo oggi, e se lo dico io vuol dire che e’ veramente lungo, visto che lascio per qualche giorno la Sandpit e vado a guardare la California. Mau is back.

Foto? Stamani alle 5, sulla E11. Pioveva e caronte si stava addormentando. Ci siamo fermati per un caffe’ mentre la preghiera del mattino chiamava i fedeli fuori dalla moschea dietro la stazione di servizio ….

 

mosque-call-in-the-rain

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

35 Comment on “L’intelligenza di non essere coerente

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