Quando Ross Solomon, nell’Aprile del 1968 finalmente riuscì a finire di ridipingere il vecchio supermarket tra la Columbus e la Bay, giù vicino a Fisherman Wharf nella San Francisco che in quegli anni sapeva ancora di pesce e di weed, si prese una colossale sbornia nel suo bar preferito proprio dalla parte opposta dell’incrocio, Villa Roma, che apriva i battenti già alle 10 del mattino proprio di fronte al suo nuovo negozio.
Ross aveva fatto scrivere “Largest Record Store in the Known World — Open Nine to Midnight 365 Days a Year” all’ingresso: era nato Tower Records, sull’esperienza e soprattutto la reputazione costruite nei primi anni ’60, quando aveva aperto il suo primo negozio di dischi a Sacramento in California. L’inizio di una leggenda.
Tra il 1970 e i primi anni del 2000, Tower records aprì sedi in United Kingdom, Canada, Japan, Hong Kong, Taiwan, Singapore, South Korea, Thailand, Malaysia, the Philippines, Ireland, Israel, United Arab Emirates, Mexico, Colombia, Ecuador, e Argentina, proponendosi come una potente multinazionale della distribuzione, ad estendendo il suo business da vinile, ai nastri, cd, ai primi MP3 readers.
Luci e ombre in 45 anni di attività, fino al fallimento del 2006, compresa la condanna e il successivo accordo per il pagamento di una multa si $3m per avere – insieme ad altre due catene – creato un cartello sui prezzi, lucrando in un decennio oltre $500m sui propri clienti, imponendo prezzi mantenuti artificialmente in assenza di concorrenza fino a $5 per ogni singolo album venduto (e stiamo parlando di dollari del 1990).
Una strategia di acquisizioni ed espansioni troppo aggressiva (devo raccontarvi un giorno il caso di Swiss Airways), una capacità manageriale più incline a commentare il nuovo disco dei Grateful Dead che non a gestire un business ormai troppo complesso, pirateria prima e poi la nascita dell’on-line ha condannato il marchio a sparire, compresa la sua testata Pulse!. Pensate che Tower Records è stato il primo negozio a proporre il “pre-ascolto” di campionature dei brani del CD ai propri clienti, con quelle cuffiette che ancora oggi si trovano in qualche vecchio distributore.
Ho acquistato nel 1982 il doppio vinile degli Allman Brothers “Live at Fillmore East” proprio lì, nel negozio Tower Records di San Francisco, e sulle diapositive sepolte in cantina ho ancora delle foto scattate dentro il negozio.
Questa sera, 35 anni dopo, ci sono tornato per comprare un adattatore per la presa di corrente americana (che, ovvio, mi son dimenticato sul tavolo ad Abu Dhabi ieri mattina alle 4:30).
Si, sono tornato nello stesso posto, solo che adesso il posto è tornato alla sua origine: è nuovamente una farmacia-supermercato, Walgreens, che vende un po’ di tutto. Di Tower Records è rimasto solo un RIP sul murales del parcheggio, che simboleggia un vinile che si scioglie …