Guidare tra Dubai e Sharjah, malgrado il navigatore di prenda per mano, è comunque complesso.
L’incremento del traffico appena varchi il confine non tracciato, unito alla contrazione di strade e carreggiate, mescolato con un traffico commerciale che ti fa trovare anche un 12 assi sulla rotatoria, e miscelato con la notoria tendenza – da parte degli abitanti di questo emirato più conservatore – all’interpretazione creativa delle regole comuni di guida, non ti lascia rilassare.
Ovvio poi che quando senti la voce elettronica che ti dice “take right, then immediately after go left, and stay again on the right”, e dinnanzi hai, invece della variante di Lesmo, un incrocio che sembra una fontana a getto di strade, perdersi e ritrovarsi in direzione completamente opposta è cosa facile.
Sto andando a visitare la “Rain Room”, la Stanza della Pioggia, una delle due sole istallazioni permanenti al mondo, aperta vicino al Mujarrah Park, a Sharjah.
La Rain Room è un’esperienza sensoriale.
Esperienza sensoriale ancora più estrema per un paese che vede una media di 6 ore di pioggia all’anno lungo le coste, 100 mm nell’ultimo decennio, per effetto dei cambiamenti climatici, che stanno spingendo questa parte del globo dall’essere desertica al diventare tropicale. L’interno del paese, e soprattutto l’area di Rub Al Khali, hanno visto l’ultimo acquazzone quando esisteva ancora il PCI, prima del XX Congresso del 1991.
Nel buio di una larga area, illuminata da un unica luce, 100 metri quadrati di pioggia costante scendono da un sistema di valvole, creando l’effetto di un’acquazzone incessante. Se ne sente l’odore. Se ne sente il rumore. Si vedono le gocce scendere, creando una dimensione quasi compatta: un perfetto cubo di pioggia.
Poi succede l’inaspettato.
Ti avvicini, e cammini dentro la pioggia, senza esserne toccato, senza bagnarti.
Un’area di circa un metro di raggio rimane completamente asciutta, mentre lentamente ti muovi in qualsiasi direzione. Un sistema di telecamere tridimensionali mappa la tua presenza, e comanda i solenoidi sul soffitto, creando la meravigliosa sensazione di essere nella pioggia, ma in una bolla integrata di osservazione che fa parte del tutto.
Non è l’effetto “ombrello”, dove il mezzo meccanico ti protegge ed è qualcosa di diverso dell’ambiente, sei invece parte del fenomeno, ma nello stesso momento un osservatore distaccato. Allunghi il braccio e la pioggia ti colpisce la mano.
Ti muovi e l’acqua ti avvolge, ma senza toccarti.
È sorprendente.
Non l’avrei mai immaginato.
Fa riflettere, sintomatico di un cambiamento epocale (l’insediarsi dell’informatica), l’emergere di nuove realtà nazionali ed economiche, il tutto dove ad assommarsi c’è anche il Covid ad incrementare cambiamenti già in atto.
Inevitabile sentirsi da una parte storditi dall’altra “vecchi”.
Populismi e sovranismi in questo quadro inarrestabile fanno sorridere. Fanno pensare al canto del cigno, a una reazione disperata, come voler fermare il vento allargando le braccia 🙂
Dev’essere bellissima come esperienza.
che gran figata!
contento di rileggerti e sapere che stai bene!
ahem, qua da noi 100mm ormai cadono in qualche minuto :(…
stay tuned, tra un paio di mesi al massimo comincio a scrivere dalla China 🙂