L’efficacia della comunicazione, diceva uno dei miei primi “maestri professionali”, si basa sul feed-back. “Se, dopo aver trasmesso un concetto, il vostro interlocutore dimostra di non aver capito un beato cazzo, il vostro modo di comunicare è stato inefficace” aggiungeva il Maestro. Quando gli chiesi di confermare questo suo teorema con l’aggiunta del “corollario del pirla“, anche lui ammise che in alcuni casi non ce n’è proprio: la gente talvolta non capisce.
Vediamo di analizzare assieme contesti e situazioni dove l’incomprensione genera perplessità e utilizziamoli in modo virtuoso per comprendere come una corretta informazione sia, senza dubbio, foriera di civiltà.
Caso #1. Il puzzone in palestra.
Siamo dinnanzi ad un individuo (che convenzionalmente chiameremo “Gorgonzola Acido” – Acido di cognome, sia ben inteso), il cui comportamento denota una scarsa familiarità con lo ing e lo iang (flick e flock, pari e dispari, non ho voglia di fare wiki, avete capito di che cazzo sto parlando), in altre parole con l’acqua e il sapone? Il suo ingresso negli spogliatoi della palestra porta il caso dinnanzi alla Corte dell’Aja per Crimini contro l’Umanità? I suoi pedalini vengono citati dalla CNN col titolo “Finalmente trovate le armi di distruzione di massa”? Quando è sopravento (gettito del fancoil, chiaro) vi ricorda i bei tempi delle manifestazioni studentesche con i lacrimogeni del III Celere?
Perfettamente inutile fargli trovare sull’armadietto grappoli di arbre-magique (quei pinetti verdi che si vedono attaccati agli specchietti delle auto): non coglie e risponde “Oh che bello, c’è una distribuzione di promozione di alberelli natalizi, li conservo e ci metto palline e candeline a Dicembre” (siamo a Maggio – ndr). Altrettanto inutile appiccicargli sulla maglietta il simbolo del materiale radioattivo: “Questo me l’hanno appesi quelli del referendum sull’acqua“, testuale. Oltre che puzzone anche ignorante.
La comunicazione deve essere semplice, diretta, testuale e ipertestuale: “Amico, puzzi, cazzo! Se non ti lavi ti infilo una canna dove ti fanno la colonscopia e tentiamo di lavarti attraverso un aumento della pressione idrica interna“. Superare il metro e ottanta di altezza per 120kg di peso, oltre ad avere una faccia molto realista aiuta l’enfasi del messaggio.
Caso #2. Lo scempio della lingua italiana.
Nel contesto di una riunione, uno dei partecipanti compie delle violazioni tali della lingua italiana da meritare l’arresto in flagranza per vessazione di congiuntivi e condizionali? Riesce ad articolare forme verbali che farebbero fare un carpiato e avvitato triplo nella tomba a Dante, Petrarca e allo Zingarelli (dizionario dei miei tempi liceali)? La sua consecuzio temporum (no, il “coitus interruptus” è un’altra cosa, ragazzi) è talemte articolata che non capite più se sta raccontando una cosa di 10 anni fà, un accadimento futuro o è semplicemente blasfemo?
Assurdo apostrofarlo con affermazioni quali “Guarda che “Ferdinando” non è un gerundio“, oppure “Occhio al congiuntivo, prima o poi ti fa causa“: la sua risposta “Ho già sentito i miei legali e mi hanno detto che sono in una botte di ferro come Attilio Regolo” [testuale, giuro] ci lascerà nello sconforto più profondo.
Anche qui, “Sky is The Limit“, narrano le leggende della pubblicità: meglio essere chiari e precisi. “Amico, prenditi come sparring partner un maestro elementare e cerca di fare tre round con l’indicativo, poi vai al sacco del condizionale e allenati al vuoto per 6 round consecutivi. Non migliorerai per una fava ma almeno avrai il fiatone e stai zitto”
Caso #3. L’automobilista cortese
Siete dinnanzi alla scuola di vostra figlia. C’è un fantastico parcheggio a 55 metri di distanza dall’ingresso ma, l’uomo è un mammifero pigro e schiavista, e c’è gente che preferisce parcheggiare lungo la strada? Beh, shame on them, ma ci potete fare poco. La situazione cambia quando l’unico attraversamento pedonale in essere viene violentato dal parcheggio selvaggio di un’autovettura da cui escono le battute di quattro quarti (pump-pomp, pump-pomp da disco): la sicurezza dei ragazzi, già in pericolo per coglioni che guidano a 100kmh malgrado la segnalazione della scuola, diventa critica.
Con senso civile e legittima preoccupazione vi accostate all’automobilista indisciplinato, e, confidando nell’errore involontario, “Guardi che ha parcheggiato sulle strisce pedonali“. La sua risposta “Che, le hai appena dipinte e hai paura che te le sporchi?” vi fa comprendere che ci sia un equivoco di comprensione. “Buona la battuta, ricordami di ridere dinnanzi al giudice istruttore, quando mi chiede se ho fatti da addurre a mia difesa” gli rispondete. Barriere comunicazionali, culture e priorità differenti. Rischia di diventare non solo un dialogo tra sordi, ma anche tra contusi. Ma siamo uomini di buona volontà: si aggiunge quindi “Guardi che la sua auto parcheggiata qui rappresenta un pericolo per i ragazzi che escono da scuola e non hanno nemmeno la possibilità di attraversare sulle strisce“. La risposta che ottenete è “Non mi rompere i coglioni che non è giornata“.
Il verbale dei vigili urbani riporta “Visibili danni sul cofano, tetto e portiera dell’autovettura del Sig. XY. Il Sig. MV dichiara che, dovendo attraversare la strada ed essendo l’autovettura suddetta ad intralcio del regolare passaggio pedonale, inciampava maldestramente e cadeva sulla vettura, provocando involontariamente danni per cui si scusa ma, essendo la vettura in palese violazione del codice della strada, ritiene lo stesso MV scevro da colpe“.
Un’immagine da Kuala Lumpur, scattata lo scorso Settembre: chiara la comunicazione, eh?
ahahahaha…qui la foto della macchina e dell’automobilista in stato di shock ci voleva! Penso che non parcheggerà mai più sulle strisce pedonali…. 😀