Martedi‘ mattina, 3am: sveglio come un grillo col singhiozzo decido di rimettermi a lavorare. Schiaccio il pulsante “ON” del fido MacBook Pro e succede l’impossibile: nulla. Proprio un cazzo, solo un guaito dal mega-driver e basta. “Picciu” mi dico “dimenticato acceso e si sarà scaricata la batteria“.
Attacco l’alimentazione, stacco l’alimentazione, tolgo la batteria, faccio due invocazioni verso Cuppertino. Nulla. Morto. Aspetto le 9 ed entro al pronto soccorso Apple dello Store di Sydney, dove uno dei genius blu mi conferma dopo una accurata diagnosi che il disco e’ salvo ma la macchina ha bisogno di un gran lavoro e probabilmente me la potrebbero tenere anche due settimane.
Sono “on the road” per altre 3 settimane, non posso farcela. Dolore intenso alla carta di credito e compro un nuovo MacBook Pro. I ragazzi della Apple fanno un lavoro egregio e mi spostano quasi tutti i dati sulla nuova macchina entro la sera e passo buona parte del Martedi’ notte e del Mercoledi’ a rimettermi in pari.
Stamani sento che Steve Jobs se n’e’ andato. Un genio cui dobbiamo moltissimo. RIP.
Passo per Darling Harbour, diretto in ufficio mi fermo per un breakfast con la Cami. Passano un gruppo di Hare Krishna che credevo estinti da anni. Cantano il loro mantra saltellando con scarpe da running come se facessero aerobica.
Si poteva aggiustare. Se il disco è salvo OSX (i.e. Unix) non muore mai. È la solita scusa del mac addicted per tacitare la coscienza quando urge il passaggio al modello nuovo.
si, si poteva aggiustare l’hardware failure, ma in almeno 2 settimane … e poi, qualcosina di più veloce per gestire le immagini Leica mi ci voleva proprio 😉