Partito da Sydney, lasciato l’Australia (sic) passando sopra Darwin, attraversato l’Indonesia costeggiando il Borneo, doppiato Singapore e volato sopra il Golfo del Bangala fino a tagliare l’India all’altezza di Bangalore, entrato nello spazio aereo dell’Oman su Ras Al Ginz e infine atterrato ad Abu Dhabi: robetta da nulla, solo 14h e 25 minuti dentro un 340-600. [ndr: spero mi riconoscerete l’originalità di aver evitato la ripetizione di participi passati di verbi di moto].
La claustrofobia si cura con l’aspirina? No.Si fa viaggiare la mente, il che è, se vogliamo, ancora peggio.
Ho fatto check-in in albergo intorno a mezzanotte e, dopo una doccia per togliermi l’odore dell’Airbus, sono collassato a letto: banale dire che sia il jet-lag, sia la vescica, abbondantemente stimolata dalla continua idratazione in aereo, mi abbiamo fatto aprire gli occhi alle 4.
Solo aprire gli occhi, perchè poi li ho spalancati quando il mignolo del piede sinistro ha incontrato l’angolo acuminato, intagliato in titanio, della bilancia che un criminale ha lasciato sporgere nel percorso letto>cesso. Mantra bestemmiatorio saltellante su un solo piede.
Giornata in salita oggi (ma ce ne sono in discesa?), e, per coronare il mio rincoglionimento, stasera sarò in Qatar: vi offro un’immagine di Abu Dhabi, scattata nel 2005. Siamo all’Emirates Palace (appena aperto), e indovinate chi è la ragazzina con gli occhi azzurri di cui si vede il riflesso nell’ultima vetrata …