“Ok, ho capito, inutile che mi martelli le orecchie e altri organi: smetti di usare l’anaphora” ho detto ad un amico al telefono ieri sera che continuava a ripetere le stesse parole in continuazione. “Guarda che io mi curo solo con aspirine e antibiotici, quelle cavolate sui prodotti omeopatici li lascio usare ai pazzi come te” mi ha risposto, inabissando le mie speranze su una cultura classica diffusa.
L’ “anaphora” (ἀναφορά in greco, “portare dietro”) è una figura retorica che, attraverso la ripetizione delle stesse parole all’inizio di una frase, rimarca il concetto ed aumenta l’enfasi del discorso: al contrario, quando lo si fa alla fine della frase, la figura retorica viene chiamata “epiphora“). I medicinali o le creme solari al tiglio e marezzino quindi non c’entrano nulla.
Al solito il suo uso, più che la definizione, è decisamente comune: il primo esempio che mi viene in mente è il discorso di Martin Luther King del 1963 a Washington, il famoso “I have a dream“, “Ho un sogno”.
“… Let us not wallow in the valley of despair. I say to you today, my friends, that in spite of the difficulties and frustrations of the moment, I still have a dream. It is a dream deeply rooted in the American dream. I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: “We hold these truths to be self-evident: that all men are created equal.” I have a dream that one day on the red hills of Georgia the sons of former slaves and the sons of former slave owners will be able to sit down together at a table of brotherhood. I have a dream that one day even the state of Mississippi, a state, sweltering with the heat of injustice, sweltering with the heat of oppression, will be transformed into an oasis of freedom and justice. I have a dream that my four little children will one day live in a nation where they will not be judged by the color of their skin but by the content of their character. I have a dream today….”
Ma, volendo trovare qualcosa di spettacolare, anche per un convinto ateo come me, nel 1226 Francesco D’Assisi scriveva il Cantico delle Creature:
“Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore’ et ringratiate et serviateli cum grande humilitate”
Foto? A Singapore, davanti al Buddha Tooth Relic Temple di Chinatown, c’è da sempre un ambulante che vende gelati con la sua bancarella-moto: se arrivate quando sta chiudendo, avrete modo di sentire l’anaphora di saracche e bestemmie in chinese-malay che utilizza come invocazione per far partire la moto ad ogni colpo di pedale …
Molto interessante. Oggi mi hai insegnato qualcosa.
Cultura classica? Io ho fatto la ragioneria.. eh eh eh
🙂
“Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ‘l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi vita ci spense.”
Da neo uomo di campagna, comprendo e partecipo con enfasi alla recitazione del Nam myoho renge kyo per l’accensione del motorino, in attesa che il primo scoppiettio, liberi l’animo verso il trascendente, quando cerco di accendere la mia poco nobile motosega.:)
🙂 grande contributo 🙂
Partecipo con entusiasmo a tutto ciò che riguarda il greco in generale (data l’ex nonna e dato l’ex marito).
Il termine pheró è ancora usato nella lingua greca moderna proprio per definire il verbo “portare”.
Pensa che una persona cara, anziana insegnante di lettere classiche della nostra comune cittadella si stupì tornando da un viaggio in Grecia che nessuno la capisse quando parlava alla gente in greco antico! Le suggerii di andare a Roma e farsi quattro chiacchiere con un pizzicagnolo in latino. Mi tolse il saluto….
anche tu, sempre sarcastica con le anziane insegnanti di lettere classiche, insomma ….
🙂
Fantastico il gelataio!
E dimmi un po’, Beria come se la cava con le figure retoriche;-) ?
Beria fa il pelo a Cicerone, non so se retoricamente mi spiego …. 🙂
E’ chiarissimo 🙂 Quando arrivi qui?
La domanda è quando parto da qui: ho un primo tentativo su un volo domenica notte per essere lunedí mattina a London fresco come un branzino in salamoia, ma qualcuno invece sostiene io debba andare a far danni a Saigon in Viet Nam …
Ah…attendo con fiducia 🙂
Ehi Adrian…. good morning vietnam!
Ti ringrazio per l’elogio assolutamente immeritato. Fai i complimenti a Wikipedia 😉