Vedo Beria da qualche giorno pensierosa. Scuote la testa e tiene le orecchie basse. Nemmeno le bucce delle patate bollite di cui è golosissima la riescono ad entusiasmare. Stamani l’ho affrontata, faccia a faccia, o meglio “muso” a faccia.
“Hey Beria, capisco che la sconfitta alle Comunali di Livorno, dove è stato fondato nel 1921 il PCI ti abbiano lasciata costernata, ma ci sono ragioni e anomalie dietro questo episodio che lo possono spiegare. E poi una sberla in faccia talvolta fa bene“. Mi ha guardato con i suoi occhioni, ha abbassato ancora di più le orecchie e ha scosso la testa. Con la zampa ha tracciato il simbolo “Peace” ☮ (U+262E peace symbol in Unicode): il cerchio con una barra verticale e due barre che dal centro si inclinano di 45°.
Un attimo di storia su questo simbolo.
Il simbolo internazionale “Peace” è stato disegnato nel 1958 da Gerard Holtom, per la campagna pacifista a favore del disarmo nucleare: il simbolo difatti contiene le lettere “N” e “D” (“nuclear disarmament”) nell’alfabeto “flag semaphore”, il sistema telegrafico utilizzato, soprattutto in marina, per comunicazioni attraverso il posizionamento delle braccia con due 2 bandiere. La “N” viene scritta abbassando entrambe le braccia a 45° dal corpo, mentre la “D” con una bandierina sulla propria verticale e una abbassata verso i piedi.
Gerald, in una successiva intervista, raccontò la genesi della sua idea: “I was in despair. Deep despair. I drew myself: the representative of an individual in despair, with hands palm outstretched outwards and downwards in the manner of Goya’s peasant before the firing squad. I formalised the drawing into a line and put a circle round it”. Il simbolo, non coperto da brevetto o da copyright, a partire dai primi degli anni ’60 si è imposto come la voce della pace.
“Si, Beria, capisco” ho detto al mio cane, e, come al solito quando è giù di morale, le ho parlato di storia, di economia, di attualità e di musica.
“Facciamo un conto delle guerre in corso: cominciamo con l’ultima, quella che sta diventando una guerra civile inter-religiosa in Iraq tra Sciiti e Sunniti, con esecuzioni di massa guidate solo dalla differente interpretazione sulla guida dell’Islam conseguenti dalla scissione del movimento mussulmano del 656 con la ‘Battaglia dei Cammelli’ contro Aisha, la moglie di Maometto. Questa guerra potrebbe ridisegnare la geografia del Middle East, e non è casuale che, al solito, io ci vada a fine mese“.
“Poi abbiamo la Syria, dove da anni è massacro e devastazione, e, dopo l’esperienza della Libya, c’è addirittura da vedere quel macellaio di Bashar al-Assad come una garanzia di stabilità [ndr. in questo post quando l’ho incontrato a Mosca]”.
“Libya: ormai il paese è allo sbando totale e si intrecciano conflitti tribali, etnici, religiosi, economici e politici con delinquenza, criminalità e terrorismo. Ci vorrà un decennio prima di poterne vedere la fine. Sudan, South-Sudan, Centro-African Republic: un massacro continuo guidato dal controllo delle risorse energetiche e tradizioni etniche.”
“Le guerre dimenticate in Mali e nel nord dello Yemen. La guerra terroristica di Boko Haram tra il nord della Nigeria e il Chad. Il conflitto non dichiarato nelle aree tribali del Pakistan al confine con l’Afghanistan dove la terra di nessuno non consente alcuna presenza di uno stato e le violenze politico/religiose nascondono quelle nei confronti delle donne.”
Beria mi guarda e abbassa leggermente il muso, appoggiandosi sulle mie ginocchia per farsi fare un grattino consolatorio.
Comincio a canticchiarle un vecchio motivo:
How many roads most a man walk down, Before you call him a man ?
How many seas must a white dove sail, Before she sleeps in the sand ?
Yes, how many times must the cannon balls fly, Before they’re forever banned ?
The answer my friend is blowin’ in the wind, The answer is blowin’ in the wind.
Yes, how many years can a mountain exist, Before it’s washed to the sea ?
Yes, how many years can some people exist, Before they’re allowed to be free ?
Yes, how many times can a man turn his head, Pretending he just doesn’t see ?
The answer my friend is blowin’ in the wind, The answer is blowin’ in the wind.
Yes, how many times must a man look up, Before he can see the sky ?
Yes, how many ears must one man have, Before he can hear people cry ?
Yes, how many deaths will it take till he knows, That too many people have died ?
The answer my friend is blowin’ in the wind, The answer is blowin’ in the wind.
Foto? Difficile. Una decina di anni fa ero a Salalah, in Oman al confine con lo Yemen. Era l’ultimo giorno di Ramadan e la città faceva festa: intorno a mezzanotte ho incontrato due bambini che mi hanno sorriso con un’innocenza emozionante. Ho scattato una sola foto, forse la più bella che io possa ricordare ….
qui Bob Dylan ce la canta, nel 1963 …
Vero Mau, questa è una delle tue foto più belle che ho incontrato leggendo i tuoi post. 🙂
🙂
Caspita, dopo quell’elenco di guerre, povera Beria! Altro che grattini sulla testa… Certo, cantare insieme Bob Dylan aiuta già un po’ di più 🙂
Buona domenica magnificamente refrigerata 🙂
🙂 temperatura spettacolare …
Quella lista mi ha fatto venire nausea e vertigini.
Yes, how many deaths will it take till he knows, That too many people have died ?
Bambini meravigliosi fotografati con amore 🙂
Yep 🙂
Questa volta taccio pensando a tutti i conflitti, ufficiali e non, dichiarati e non, di cui non riesco a comprendere le reali ragioni.
Complimenti per la foto, in quegli occhi si vede il mondo e la speranza.
Pace fratello
Peace bro!