Terzo giorno nella crisi degli ostaggi, da quando i Pasdaran della Tinteggiatura hanno occupato casa: io e Beria siamo stati confinati in spazi sempre più angusti, mentre la Cami che la vede lunga ha avuto una serie di impegni sociali che l’hanno obbligata, guarda caso, a passare buona parte della giornata e qualche serata fuori.

Stavo quasi per farmi fotografare seduto in mezzo ai due imbianchini che imbracciano pennello e rullo, con il loro volto coperto da scotch di carta, e alle spalle una tavolozza colori con una voce fuori campo che recita la sura del solvente e quella della tempera ad acqua. Comunque ci siamo, sono andati via, lasciandomi una casa con pareti, soffitti, termosifoni e cassonetti immacolati: il resto è un troiaio cosmico e mi ci sono volute 6 ore di lavoro per riuscire a dargli una parvenza di abitabilità. In compenso appena esce un raggio di sole devo mettere gli occhiali scuri, visto il bianco da bomba al fosforo che esplode. Luce bianca, calore  bianco.

“White light, white heat”: la citazione musicale sullo storico brano dei Velvet Underground è troppo ghiotta.

Scritta e composta da Lou Reed nel 1967 e pubblicata all’inizio dell’anno successivo, “White light, white heat” racconta l’esperienza di meta-anfetamine iniettate in vena: l’attacco di basso, suonato da John Cale nella versione originale, vuole ricordare il suono pulsante nelle orecchie quando la droga comincia il suo devastante effetto di “rush”, di accelerazione tipico del cristallo della neuro-tossina.

White light, White light goin’ messin’ up my mind, White light, and don’t you know its gonna make me go blind
White heat, aww white heat it tickle me down to my toes, White light, Ooo have mercy while I’ll have it goodness knows

White light, White light goin’ messin’ up my brain, White light, Aww white light its gonna drive me insane
White heat, Aww white heat it tickle me down to my toes, White light, Aww white light I said now goodness knows, do it

Hmm hmm, White light, Aww I surely do love to watch that stuff tip itself in
Hmm hmm, White light, Watch that side, watch that side don’t you know it gonna be dead in the drive
Hmm hmm, White heat, Hey foxy mama watchin’ her walk down the street

Lou ci ha lasciato l’anno scorso: se n’è andato un artista poliedrico, un musicista, un compositore, un poeta, un fotografo. L’ultima volta che l’ho incontrato è stato per caso, nel 2010 a Sydney dove sua moglie stava presentando uno spettacolo “Lighting The Sails”, illuminando le vele dell’Opera House durante la sera, utilizzandole come schermi di proiezione.

Ci siamo incrociati in un caffè fuori dell’Opera House, entrambi con la stessa macchina fotografica al collo. “God should have a Leica” aveva detto a un giornalista poco tempo prima, commentando una mostra di oltre 300 suoi scatti collezionati in decenni di vita. Due parole, un commento: persona amabilissima. Curioso stessimo scattando la stessa immagine, questa …

lou reed in sydney

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

14 Comment on “Imbianchini crisis – DAY 3

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