Il Golfo Persico è uno spettacolare ma fragile ecosistema, con il suo confinamento  isolato dall ‘Oceano Indiano al quale si collega solo attraverso lo Stretto di Hormuz. Lo stretto fa fronteggiare l’enclave Omanita della Musandam Peninsula con l’Iran dell’Isola di Qeshm e poi il Golfo di Bandar Abbas, dove ho rischiato una volta di fare un atterraggio di emergenza con tutti gli aeroporti degli Emirati chiusi per nebbia e già pregustavo il mal di testa che mi sarebbe venuto per spiegare ai miei (allora) capoccioni negli Stati Uniti che il loro figlio prodigo aveva messo piede (pur involontariamente) nell’Iran di Khomeini.

Alcune tra le più spettacolari forme di flora e fauna stanno facendo gli equilibristi sulla linea dell’estinzione e, come ben sappiamo, quando qualche anello della catena alimentare collassa, l’intera catena si sbriciola nel giro di pochi anni. Le mangrovie, diffusissime a livello di vere foreste da queste parti, dipendono da un delicatissimo equilibrio di acqua dolce e salata e forniscono riparo tra le loro radici alle famiglie di granchi e sui loro rami a insetti che poi alimentano gli uccelli e così via.

Una delle forme di vita animale più particolare (e in pericolo) sono i dugong-dugon: mammiferi alla stregua di balene e delfini, hanno però una forma e un comportamento (sia individuale che sociale) che li fa più assomigliare ai mammiferi di terra ferma, da cui il soprannome di “mucche di mare”. Ma non penso si vedano ancora pascolare per molto da queste parti.

Il Golfo ospita la Safaniya Oil Field, il più grande giacimento petrolifero del pianeta e un’incredibile bolla di LNG, gas, posta a cavallo tra le acque territoriali del Qatar e dell’Iran: da qui esce il 25% della produzione mondiale di greggio e ci sono il 68% e il 35% rispettivamente delle riserve mondiali di combustibile fossile e di gas. Si, lo so che il prezzo è sceso dai $100 ai $67 di qualche giorno fa, e potrebbe anche atterrare più in basso, intorno ai $40, ma si tratta comunque di valori economici stratosferici.

Questo ci fa capire l’attività (isole artificiali estrattive, oleodotti, impianti di gassificazione e traffico di superpetroliere) che anima questa parte di mare: se non bastasse, durante la guerra tra Iran e Iraq degli anni ’80 entrambe le fazioni praticava lo sport di far saltare in aria i terminali petroliferi altrui. Le due Guerre del Golfo successive hanno impattato meno l’ecosistema, ma una botticella anche loro l’hanno data. Anche l’attività frenetica di costruzione di isole artificiali (come la famosa Palm Island di Dubai) hanno stravolto aree di correnti costiere e colonie di coralli. Le mucche di mare le vedremo pascolare ancora per poco da queste parti.

Foto? Un pescatore al bolentino lungo il Creek, fotografato Venerdì, e poi un gustoso documento d’archivio: era l’estate del 2004 e con il caldo troio che superava i 50°c ho raccattato la Camillina e l’ho portata a vedere la Musandam Peninsula, a salire sulla Stairway To Heaven, la montagna dalla quale puoi vedere l’Iran e a guardare le capre brucare la foresta di acacie che è l’unico vegetale che riesci a trovare in questa fornace, inferno di calore sulla terra ….

fisherman

 

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

11 Comment on “Il Golfo e le Mucche di Mare

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