Torno all’Astor House, lo storico albergo che la Rivoluzione di Mao ha trasformato in condominio con appartamenti delle dimensioni di una stanza e i fornelli sono per ciascuno nel corridoio, tra un accumulo di cianfrusaglia e polvere che mostra numerosi decenni di storia: è la mia seconda visita in questo luogo affascinante di Shanghai (vedi il primo post).
Volevo ritrovare chi ho conosciuto e fotografato nell’Ottobre dello scorso anno, chi con gentilezza mi ha sorriso e accolto in casa sua, offrendomi una tazza di tea verde. Chi mi ha raccontato la storia della sua vita, facendomi vedere le foto ingiallite del marito e, con orgoglio, il giorno della laurea della nipote.
Lei non c’è più. È partita per quei tipi di viaggio per i quali stai via molto a lungo.
Nel suo appartamento adesso si fuma e si gioca a majong bevendo alcolici che bruciano le budella. Nulla è più come quel pomeriggio di Ottobre, con quella luce delicata e quel sorriso gentile.
Sono andato a trovare le due vicine, 90 e 92 anni. Mi hanno come riconosciuto, sorridendomi, ma non capivo perché.
Poi ho visto sulla parete l’immagine che le ho scattato poco più di 6 mesi fa. Lei era seduta sul divano. La foto è incorniciata e accanto c’è il biglietto che lascio a chi fotografo, mi ritrae mentre sto scattando un’immagine allo specchio. Ho sorriso, ma con tanta tristezza.
Foto? Astor House, Shanghai, prima che tutti partano e questo posto si perda nel fumo delle sigarette e nelle esclamazioni dei giocatori …
Be
Bella mai, è così che ci piaccci.
?
In effetti non si capisce una fava di quello che volevo dire. Le dita troppo grandi per lo smartphone.
Comunque ti esortavo nel proseguire con i tuoi reportage.👌
🙂
porca miseria ho pianto un poco….
…. 😦
Sempre belle storie, anche quando sono malinconiche. E’ un piacere leggerle.
🙂