Sto facendo esercizi di Koreano, ma con un successo che porterebbe qualsiasi logopedista al suicidio.

Si, devo ammettere che non mi ci metto particolarmente, tanto lo userò solo questa settimana, ma dall’altro lato la lingua non ha certo alcuna facilità. Quando sono entrato nel botteghino denso di lenti e otturatori di seconda mano, tutto rigidamente per macchine che usano ancora la pellicola, ho tentato l’approccio di un “buon pomeriggio” al tipo che mi guardava preoccupato dal fatto che le mie spalle non passavano dalla porta del suo negozio, ma “Annyeonghaseyo” l’ho solo pronunciato al settimo tentativo, condendolo con un paio di bestemmie anteposte e successive.

A mia giustizia devo dire che sono arrivato a scoprire il posto una parallela di Cheonggyecheon Rd. (qui a chi registra le voci dei navigatori danno droga pesante per sopportare il lavoro), dopo essere entrato in quella che definisco la “watch alley”, dove avro trovato 172 buggigattoli che commerciavano e riparavano orologi da polso. Venivo da oltre 22 chilometri a piedi (certificati in parallelo da Watch e Garmin) per un primo giro nel quartieri a sud di Seoul alla patetica ricerca di una maglia tecnica della mia taglia (qui Patagonia vende solo XS per adeguarsi agli standards antropometrici dei tizi locali in forma), e poi per una visita millimetrica ai palazzi reali di Changdeokgung (e qui la difesa dello spelling si appella alla clemenza della corte, che col cazzo che riesco a dirlo tutto d’un fiato senza salivarmi addosso).

Il Palazzo è fantastico, reso ancora più suggestivo dalla quasi totale assenza di turisti vista l’aria pungente dell’inverno koreano che pero regala un cielo azzurro spettacolare e un fine che non lascia distrazioni. L’estensione del Parco é incredibile per essere nel centro della capitale più tecnologica dell’Asia: i palazzi del complesso sono a pieno titolo Patrimonio dell’Umanita e ti fanno dimenticare la difficolta di leggere le indicazioni in metropolitana, dove l’inglese é si presente, ma in un font decisamente più piccolo dell’idioma locale e mi costringe a una lettura ravvicinata dove il rischio di dare spallate ai vicini di vagone e vederli volar via mi pare un gesto poco cortese verso la popolazione locale.

Poi per fare il ganassa turista ortodosso “solo a piedi e con i mezzi pubblici” ho voluto fare un taglio verso sud e qui ho scoperto la serie di negozi di materiale fotografico usato. Da tempo avevo voglia di una piccola Rollei 35, macchina da viaggio “di qualita” di qusi 40 anni fa: quando ne ho vista una in vetrina mi son lasciato tentare.

Rollei 35 SE, costruita a Singapore tra il 1979 e il 1981, dove la “S” indica la lente Sonnar 40mm f2.8, e la “E” la presenza di un esposimetro elettronico (il loro tallone d’achille). Sono entrato ed é stato un dialogo tra sordi dopo il suo squotere la testa alla domanda se parlasse inglese, ma ce la siamo cavata: un controllo all’otturatore e alle lamelle del diaframma, un’occhiata generale alle condizioni (accettabili, a parte una botta sulla parte anteriore sinistra e un po’ di pulizia generale), e un’accesa disputa sul prezzo che lui riteneva congruo e io il risultato di una rapina.

Ci siamo accordati per un’accettabile via di mezzo. Mi ha sostituito il filtro anteriore con uno ancora nuovo e inscatolato,  ha aggiunto nel prezzo batteria (introvabile da decenni, l’ha ricavata con un pancake di 1.5v avvolte nello scotch di carta), una custodia da disinfettare con il napalm e 5 rullini da 36 pose vicini all’essere scaduti ma  divertenti da usare per cominciare a provare la ragazza. Gli ho lasciato il mio biglietto e gli ho scattato qualche immagine, promettendogli a gesti che gliele avrei mandate all’indirizzo email che ha sull’insegna del suo negozio.

Foto? Qualcosa di oggi, sempre come esce dalla Signora Q in copia jpg del RAW che fino a quando torno ad Abu Dhabi non riesco a gestire …




It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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