La scorsa settimana sono stato giù a Carpet City, il blocco a due passi dall’ingresso del Porto Commerciale, subito dopo aver lasciato sulla sinistra l’odore del macello che ti guida massacrandoti le narici, e prima di arrivare alla zona dove vendono fichi che arrivano dall’Afghanistan, datteri dall’Arabia e uva secca dal Chile che non ci azzecca proprio un cazzo con il contesto locale ma è buonissima, e (recentemente) plotoni di turisti Russi che si distinguono per affabilità, gentilezza ed educazione.
Ho cominciato a curiosare tra la sessantina di negozi che vendono esattamente le stesse cose, tutti rigorosamente vuoti, tutti rigorosamente gestiti da un grappolo di Pachistani. Mi rendo conto di essere l’unico occidentale che sia passato in anni da queste parti dalla sorpresa e dalla genuina ospitalità che provoco. Forse anche solo il miraggio che sia un cliente sviluppa un’affabilità che poi non viene tradita nemmeno davanti all’occhio Summilux della Signora Tedesca a Telemetro (versione pellicola).
Mi offrono del tea, hanno capito che tentare di vendermi un tappeto, un divano o anche solo un cuscino sarebbe fatica sprecata e si mettono in “quiet mode”, comunicando esclusivamente con lenti movimenti di un sopracciglio e con i lati del labbro per far uscire qualche vocabolo inglese al sapore di sigarette e montone arrosto.
Scatto un rullino intero di una pellicola 100 ISO che ho acquistato in bobine negli Stati Uniti …
mi piace questa bobina malconcia ed invecchiata! Rende le foto “vissute”.
Ma credi che un paio di tappeti a colori non ci sarebbero stati bene nel tuo salotto? 😉
🙂