L’antropometria (dal greco άνθρωπος, uomo, e μέτρον, misura) è la scienza che misura il corpo umano, e sui suoi risultati poi si costruisce l’ergonomia (da ἔργον, lavoro, e νόμος, legge/regola), che si occupa di relazionare gli elementi di un dato sistema e la funzione per cui vengono progettati: nel caso in questione – come capirete subito – come il mio corpo interagisce con il sedile di un A380 di prima generazione, nella specifica configurazione realizzata per una linea aerea del Golfo.

Ovvio che in contesto di perfezione, il risultato sarebbe stato (e l’uso del condizionale passato è già presagio funesto) che io mi sarei perfettamente addormentato durante le 8 ore di volo di ieri notte, arrivando nel Paese dei Castelli di Sabbia all’1 di mattino, e dopo un’ora e mezza di macchina, avrei continuato il mio dialogo con Morfeo nel mio letto.

Ovvio un cazzo.

In questa configurazione il sedile non si trasforma in letto ma in una sorta di amaca impennata verso la parte superiore, le gambe entrano in un pertugio “effetto bara” e riesci solo a mantenere i piedi perfettamente allineati e verticali, ma il peggio è che proprio non ci sto di spalle, visto che avanzano 10 centimetri secchi alla mia taglia da pugile.

Il primo tentativo è quello di mettermi di spalle, in torsione del busto per mantenere i piedi paralleli e perpendicolari: dopo qualche minuto la situazione comincia a divenire insostenibile, e si tenta goffamente da uscire dall’incastro in una sinfonia di bestemmie. Il secondo è una posizione da vampiro obeso, con le braccia incrociate sul petto, le spalle infossate e incastrate tra le pareti del sedile: ci vuole la pompa per il vuoto e molta vaselina poi per riuscire ad alzarsi e andare in bagno. Il terzo tentativo è stato quello di implorare un upgrade del sottoscritto e un downgrade di qualcuno più mingherlino che fosse seduto in First, ma l’equipaggio è stato insensibile alle mie richieste.

Il quarto tentativo è stato quello di infilare una gamba nel vano-bara, lasciare l’altra nel corridoio, mettermi su un fianco e buttare anche un braccio nel corridoio: ho dovuto fare poi una constatazione amichevole con chi guidava il carrello dei prodotti duty-free visto che gli ho sfasciato la carrozzeria quando nel buio ha tentato di passare. Quando mi sono finalmente addormentato per un paio d’ore, mi son alzato che parevo il Quasimodo nel Gobbo di Notre Dame del 1936, interpretato da Charles Laughton.

Sono atterrato fresco come un crisantemo dimenticato sulla tomba del caro estinto fino a Natale.

Foto? Mi ci sarebbe voluto un fish-eye per riuscire a documentare la poltrona, quindi accontentatevi del mio bagaglio da esecutive-figlio dei fiori, dove la borsa (comprata a Little India per metterci dentro le Pashmina che Jack ha ritenuto opportuno vendermi) contiene, perfettamente piegato, il mio vestito da bravo ragazzo con la riga nei pantaloni …

Travel hippy

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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