Atterrato alle 7:30 di mattina, dopo un volo di 8 ore accanto alle tonsille di un bambino posseduto. Alcuni passeggeri si sono anche riuniti in un gruppo di preghiera inter-religioso per tentare una intercessione divina sopra il Golfo del Bengala e tacitare l’urlatore.

Uno si era anche avvicinato per redarguirmi, pensando fossi responsabile della procreazione del giovane che strillava: dopo che gli ho fatto notare l’assenza totale di tratti somatici in comune, ho dovuto anche confermare che non l’avevo nemmeno adottato, ricordandomi che la perspicacia per il mio sarcasmo non e’ patrimonio comune.

56 ore, oggi alle 15:30 riparto, tornando nel Paese dei Castelli di Sabbia.

Ah, si, sono a Singapore, a godermi l’abbraccio da post-sbornia di Jack mentre sta vendendo uno delle sue pashmina ad una bella turista tedesca, ad ordinare un carpaccio di salmone e capesante da Sushi-Tei e ad ustionarmi la lingua con i dumplings di granchio e con quelli di maiale al tartufo da Din-Tai.

Sono qui a passeggiare tra gli stalli del Tikka Market, per poi immergermi nei colori di Little India che si sta preparando al Deepavali del 18 Ottobre, ma tutto e’ gia’ addobbato, inclusi colossali elefanti di fiori.

Sono qui ad attraversare il caleidoscopio di bancarelle di Bugis, seguendo le trombe e i tamburi che benedicono una coda chilometrica di fedeli davanti allo Sri Krishnan Temple. Sono qui (l’anafora e’ voluta, e adesso ve la beccate per qualche frase), sono qui ad assistere alle partite a dama tra i pensionati che campeggiano in fondo a China Town, dove i turisti non attivano, fermandosi alle ultime bancherelle che, in questi quasi 40 anni che frequento Singapore, ormai assomigliano sempre piu’ ad organizzate shopping mall. Sono qui a chiacchierare mentre il fumo delle griglie mi impregna la maglietta sudata, a Lau Pa Sat, aspettando mi cucinando gli spiedini, e mi innaffio la gola con una caraffa di Tiger beer.

Sono qui a fotografare, a parlare di fotografia, e a condividere quello e come lo faccio: un break di un paio di giorni, prima di tornare nella mia miniera.

Sono stato un filo assente dal blog: forse non avevo voglia di scrivere, di certo non ho avuto nessuna possibilita’ di fotografare. Sono alcuni mesi che ho “sposato” una nuova Signora Tedesca a Telemetro (M10), praticamente non avevo fatto scattare l’otturatore piu’ di qualche decina di volte. In queste 56 ore invece ho fatto una trentina di foto, e son contento: mi mancava il cazzeggiare in giro, costruendo rapporti che vengono poi ricordati sul sensore, e ancora meglio sulla pellicola.

In questi mesi, oltre al lavoro, ho solo fatto “un filo” di sport, e chi mi conosce sa che son solo capace di esagerare: nuoto per quasi una ventina di chilometri alla settimana, ho ricominciato a corricchiare, continuo a pagaiare. Sono uscito dalla categoria degli obesi, per entrare in quella dei “sovrappeso”, ma non mi fermo.

Devo andare per qualche giorno a Shanghai a meta’ mese: promesso che mi faccio sentire ancora!

Foto? ovvio, Singapore in questi due giorni, una serie di immagini per spiegare il telemetro, il Summilux 50mm, e le aperture spettacolari di diaframma di questo vetro …

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

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