I giochi mi son sempre piaciuti poco, con una temporanea eccezione per dama e scacchi: non sono stato contagiato dalla briscola, dallo scopone o scala-40, dal Monopoli o dal Risiko che – negli anni del liceo – era un imperativo. Mi annoio. Sempre stato più incline all’attività, soprattutto se all’aperto.
Non fa eccezione il Mahjong, che vedo giocato con costanza dai classici 4 partecipanti soprattutto in China. Le regole che guidano le 144 tessere che compongono il “mazzo”, i quatto venti che dirigono il gioco in modo cardinale, i dragoni, i fiori e le stagioni che danno un senso allo seguirsi di mani mi lasciano un’espressione decisamente perplessa sul volto: non che mi ci sia mai applicato, ma ho deciso che vivo bene anche così.
Cosa che invece mi affascina è il non essere percepito come un intruso quando, curiosando tra alley di quartieri che – a confronto – fanno del Quartiere Maddalena a Genova un posto di vialoni e giardini parigini. E questo malgrado le mie dimensioni ragguardevoli, che ogni tanto mi fanno incastrare le spalle tra i muri di due case che si fronteggiano in un viottolo denso di biciclette, fuochi di cottura e panni stesi sotto una pioggia che ti lascia anche il fegato bagnato.
Foto? Ancora una volta la curiosità mi ha spinto ad esplorare pezzi di Shanghai che si stanno perdendo …
Continua così…. sei un ottimo fornitori di dettagli che, se pure dettagli, di un Paese illustrano rivelatori.
Adulatore
Il Mahjong si gioca (o si giocava) anche in un’altra parte del mondo: in Romagna, almeno ai tempi di mio nonno, che era del 1888. Come sia finito dalla Cina alla sponda dell’Adriatico lo sa forse solo il buon Dio.
Ma al posto dei simboli chinesi, usavano tessere con falci e martelli, e stelle rosse?
Io invece con le carte ci sono cresciuta… l’unico gioco che non ho mai imparato è il tressette, per il resto credo di saper giocare piuttosto bene a tutto.