Si, c’ho avuto un attimo da fare, e no, non è una buona cosa che salti i post quotidiani, ma dopo la crisi del comunismo anche io ogni tanto vado in affanno.

Rimedio.

Ieri sera, consacrandomi al demone dell’efficienza, ho abbordato l’ultimo volo in partenza per London alle 19:45 (in ritardo) per prendere, letteralmente entrando in scivolata al check-in mentre stavano chiudendolo (botta di culo #1), una coincidenza per Dubai. Inutile dire che al decollo sono collassato, risvegliandomi solo a 40′ dall’atterraggio per tentare di ritrovare un abbigliamento consono a quella che alcuni credono sia la mia professionalità: continuo a non capire perché quando sono vestito da bravo ragazzo tutti mi ascoltano senza fiatare, mentre in shorts, runnig shoes e polo spiegazzata mi mettono in mano un euro dicendomi “si, la vita è dura per ex lottatori, lo sappiamo”.

Atterro alle 7:10 di mattina, con oltre 20′ di anticipo (botta di culo #2). Passo in albergo a lasciare il bagaglio e, grazie ad uno stato semi-divino dovuto alla mia permanenza con la stessa catena (alberghiera, non al piede intendo), mi danno subito la camera e riesco a lucidarmi la pelata, sbarbarmi e docciarmi (botta di culo #3). Abbordo un taxi e mi preparo al traffico troio dell’ora di punta su Sheik Zayed Rd. Cazzo, sembra di essere con Mosè che apre le acque del Mar Rosso: mai successo che ci abbia messo meno di 40′ la mattina, ma oggi ci arrivo in 12 minuti netti (botta di culo #4), con un bolo di auto che miracolosamente si apre davanti alla mia e si richiude alle spalle con un ruttino ristoratore.

Infilo una raffica di meeting, informal-meeting, caffè-meeting, business-lunch meeting, call e side-chats che sembro una pila atomica centrifugata con zafferano iraniano: tutto va per il verso giusto (almeno in termini di logistica), ovvio botta di culo #5. Stacco che sono le 19:45 e vedo una coda epocale verso il centro: vado verso la fermata della metropolitana e, semi-serenamente visto affollamento e odori, fendo e fotto il traffico come un coltello arroventato farebbe col il burro (e per il “fendere” ci siamo, per il “fottere” vi lascio alla fantasia). Ormai sono lanciato e considero di insignire il percorso con la targhetta “botta di culo #6”.

Decido di farmela a piedi fino in hotel, ho veramente bisogno di sgranchirmi le gambe, e di schiarirmi le idee (oggi con la fonetica mica si scherza, né?). Giacca in mano e parto di buon passo, malgrado percepisca che i 34°c con un’umidità che i funghi e muschi sono in germinazione spontanea sui pneumatici delle vetture in movimento. E qui si comincia ad intuire che faccio la cazzata #1 della giornata.

Al primo semaforo sto già sudando che sembro un montone arrosto ripieno di uva sultanina, issato sullo spiedo con una brace secolare che gli arde a mezzo metro di distanza. La camicia mi si attacca al corpo peggio che un boa di struzzo ad una ballerina di lap-dance. Evito i dettagli di boxer e pedalini, ma il tutto diventa una sorta di latex sulle mie generose forme. Le ghiandole sudorifere della pelata si fanno istallare un tergicristallo per mantenere libera dall’acqua la fronte.

Decido di tagliare per il campo da golf, sperando di assaltare qualche cart e implorare un passaggio e nell’idea che accanto all’erba ci sia meno calore. Cazzata #2. Sono le 20:29 e la catastrofe si sta per compiere. Gli stracazzo di irrigatori del campo a 9 buche partono alle 20:30 in punto, a dare refrigerio al suolo cotto dal sole arabico come un chicco di caffè. Erogano 500 litri ora sul tracciato.

Alle 20:56 sono arrivato in albergo, largamente anticipato da saracche di bestemmie che mettevano in crisi anche il sorgere della luna e il gruppo di eruditi che deve determinare, con un arguto cannocchiale che i portolani son cose da infedeli, quando il satellite fa la sua comparsa all’orizzonte per regolare il calendario islamico.

Ammirevole il compassato supporto del personale: uno mi ha accolto porgendomi un asciugamano immacolato, e abbassandosi leggermente in un inchino a lutto, altri due mi seguivano con secchi, stracci e spazzoloni per sciupare le tracce che lasciavo, grondando acqua e improperi che sembravo un invasato dopo l’esperienza del bagno sacro nel Gange. Sono uscito dalla camicia solo al terzo tentativo e i pantaloni li ho tolti direttamente sotto la doccia.

Foto? In ufficio sto raccattando la mia roba e guardo la Sheik Zayed Rd, mi scappa un solo scatto, strano e veloce ….

dubai 240914

 

 

It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

13 Comment on “Il momento sbagliato

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