Cosa cazzo mi hai portato a fare con te se poi non stiamo mai assieme?

“Dai, lo sapevamo entrambi che sarebbe stato un po’ in salita questo trasloco di vita, almeno all’inizio. E poi lo sai che da queste parti una coppia come noi non è ben vista, anzi, direi che ci espone a qualche rischio.” le rispondo.

Senti, non prendermi in giro: capisco lavoro e tutta la roba relativa al visto e alla residenza ma almeno ieri, quando sei andato in spiaggia prima dell’alba, potevi dedicarmi un po’ di attenzione e invece nulla“. Pausa. “Ti sei portato dietro l’iphone, e lo so che hai scattato due immagini: questo è tradirmi …“.

Farsi fare una scenata di gelosia dalla Leica, la mia macchina fotografica, può solo significare che il mio stato di salute mentale sta ondeggiando peggio di un dhow (l’imbarcazione in fasciame tipica di questa parte dell’Oceano Indiano) quando esce dal Golfo ed entra in Oceano durante le tempeste d’autunno.

Facciamo un filo di re-cap dell’ultima settimana dove vi ho lasciato mentre stavo attendendo, con la valigia legata con lo spago, che l’inesorabile aereo mi scaricasse in questa nuova casa. Ho passato qualche giorno inseguendo le procedure relative ai visti e permessi che mi garantiscano di poter vivere e lavorare da queste parti: prima il negozio “di scrittura”.

il “typing agent” compila per te le informazioni in Arabo che vengono trasmesse alle autorità per poi coordinare e controllare tutto quello che attiene alla tua vita da queste parti: è normalmente un negozietto di pochi metri quadri con un paio di scrivanie e computer: arrivi con il tuo “work permit” e il passaporto, ne esci con la copia di un form (e un po’ di talleri locali in meno) che è stato spedito on-line nel quale ti chiedono anche il nome di tua madre, come chiara eredità della tradizione tribale e della poligamia sancita dalla sharia.

Poi la visita medica: visita generica, esami ematici con l’accertamento di non sieropositività (risultare positivo ti fa deportare istantaneamente nel tuo paese di origine senza manco passare dall’albergo a fare la valigia, visto che il tempo fino al primo volo lo passi in detenzione), radiografia (o si chiamerà schermografia, cazzo che ignorante sono) per accertare che tu possa serenamente respirare senza infettare altri con TCB o chessia. Bisogna dire che qui la scelta di optare per il servizio “VIP” che ti pela poco più di un centinaio di euro, ti permette di fare il tutto in meno di 15 minuti, seduto su comodi divani in pelle con caffè e tea serviti gentilmente.

Ultimo passaggio la registrazione delle impronte digitali: mani, dita, palmi. Mi ricordo che quando avevo fatto lo stesso in Qatar avevo chiesto se volessero anche il calco del mio pisello, ma stavolta mi sono astenuto: la vecchiaia mi sta facendo diventare più saggio e l’esperienza mi dice che gli autoctoni hanno lo stesso senso dell’umorismo che l’inverso di Smilla per la Neve (grandissimo romanzo, credetemi).

Qui sono entrato zoppicando (per una sciatica troia che non mi abbandona ancora) in un consesso di almeno 300 altre persone, e mi son sentito Primo Carnera: nessuno era più alto delle mie spalle e per raggiungere il mio peso bisognava accatastarne almeno 6. Hanno democraticamente deciso di farmi passare davanti a tutti per pura paura.

L’efficienza che guida, attraverso il tuo numero di cellulare, l’intero processo merita comunque un gran plauso.

Sono sociale come una cavia da laboratorio: svegliandomi abbondantemente prima dell’alba, sto andando a camminare e a nuotare. Mi mancano le conversazioni filosofico anarchiche che ho con Beria (il mio cane), ma temo che da queste parti il suo spirito libertario e peloso si troverebbe un filo in difficoltà: ci siamo sentiti via skype ieri per dirci “Je suis Charlie” e per commentare la nuova dura stagione che sapevamo stesse cominciando a venire a galla e ad entrambi non piace affatto.

Diciamo che tutto scorre, “πάντα ῥεῖ” (‘panta rei’) come Platone attribuisce ad Eraclito di Efeso nel Cratilo: ci vorrà ancora qualche settimana ma per fine mese sistemo sia schiena che casa, promesso.

Foto? Dopo la scenata della Leica stamane l’ho portata ancora dalle parti del porto dei dhow, andando a cercare qualche storia, qualche ritratto e qualche momento di vita. Ho conosciuto un uomo della tribù dei Turi, che ha sette figli (2 maschi e 5 femmine) cui dice, orgogliosamente, ha garantito un’istruzione: questa storia però ve la racconto nei prossimi giorni …

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It's been almost 50 years that I travel across the word (and the 7 seas), on business or vacation, but always carrying with me a Leica camera. I started keeping this kind of journal a while ago. Even if sometime I disappear for ages, I'm then coming back with semi-regular updates: publishing is a kind of mirroring of my state and emotions, and you need to take it as it is. All published photos are mine.

12 Comment on “PANTA REI

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