“You have been recommended by a loyal customer, good friend of mine, Un caro amico, buon suo cliente, mi ha raccomandato di servirmi da lei” esordisco con il sarto. “Come si chiama?” mi chiede. “Giorgio, Giorgio Napolitano. Lei gli ha confezionato un blazer e due paia di pantaloni grigi con una lana finissima, e vorrei la stessa qualità”.
Non so che mi sia preso, ma si vede che le 13 ore dentro un aereo hanno alterato le ultime capacità relazionali e, in un business dove il world-of-mouth, il passaparola, è tutto ho pensato di fare leva su orgoglio e immaginazione. Si, anche su una buona dose di faccia di merda come nel caso a Saigon (leggi qui).
“Ma certo, il mio caro amico Giorgio, anche di recente è passato di qui: lavorate assieme?“. Io sono un cacciaballe che gioca in promozione quando vengo confrontato con un mercante asiatico che invece concorre nelle world series!
Ho bisogno di rimpiazzare la giacca e i due pantaloni che il “master” di Dubai mi aveva confezionato (vedi qui), che ormai ha dato evidenti segni di deterioramento, tanto che ieri in metro a London, mentre aspettavo la Central Line, un paio di tipi mi hanno allungato una moneta dicendomi “coraggio fratello“.
Singapore è famosa da decenni per i suoi sarti che in pochi giorni ti confezionano su misura abiti che, nel rapporto qualità e prezzo, tiene ancora botta con sconti e saldi dei momenti di crisi. Mi prende un po’ di inches in giro vita, spalle, lunghezze e larghezze varie e fissiamo per venerdì pomeriggio la prima prova: consegna per martedì sera: una settimana.
La contrattazione è serrata, e sembra più di giocare alla morra che parlare di prezzi: chiudo ad un importo ancora alto, ma ho la sua promessa di un lavoro eccellente (lo dice a chiunque da 40 anni), e posso scegliere i colori della fodera e i bottoni: la tentazione psichedelica è fortissima.
L’aria di Singapore stasera é irrespirabile: stanno bruciando le foreste della vicina Sumatra e il pulviscolo atmosferico (haze) sta facendo registrare una crisi di inquinamento di cui non c’è traccia per decenni. Si sente proprio l’odore di legno bruciato nell’aria e si fatica a vedere oltre i 100 metri.
Quasi tutti indossano le classiche mascherine che coprono bocca e naso per difendersi almeno dalle polveri meno sottili. Sono uscito per un boccone (un dim-sum a base di dumplings e tea verde, alla gloria delle calorie da limitare, vedi ieri) e son rientrato che sembravo un facocero alla brace con tanto di salsa smoked-bbq.
Uno scatto al volo tra Scott e Orchard prima che mi si depositi la cenere anche sulla macchina fotografica …
Si respira con le mascherine, a quanto leggo…ma questa dei sarti di Singapore mica la sapevo, la scopro grazie a te!
Mi viene in mente che dovresti scrivere un libro con tutti questi particolari che conosci, per chi non ha viaggiato tanto come te sono notizie curiose e piuttosto strane,
Beh, dopo tutto quello che mi hai fatto scoprire su Genova, dovresti tu scrivere una guida a Zena, sono certo sarebbe un best-seller! Mascherine: c’è qualcuno che le sta usando anche adesso qui in ufficio, e siamo al 33esimo piano, ma l’aria è veramente irrespirabile anche oggi pomeriggio.
Grazie Maurizio, magari riuscissi a fare una cosa così bella!
La mascherina in ufficio? Ma?